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american mainstream di
Pie Cantoni (05/09/2018)
Noia.
No, non abbiamo detto gioia... Noia totale. Noia assoluta. Noia cosmica. Si chiamano
The Wild Feathers, le piume selvagge (cavalli selvaggi, orizzonti selvaggi,
mucchi selvaggi e, adesso pure le piume...). Giovane band che ha iniziato la carriera
nel 2013 e già viene etichettata dai comunicati stampa come la prossima grande
band americana. Tom Petty a confronto un dilettante. I Beach Boys che hanno "figliato"
(musicalmente parlando) con i Byrds. Sarà ma a noi questo terzo disco dei The
Wild Feathers ha fatto un effetto a dir poco emetico. I componenti di questa band
che, guarda caso, esce da Nashville sono Ricky Young (chitarra e voce), Taylor
Burns (chitarra e voce), Joel King (basso) e Ben Dumas (batteria). L'eponimo album
di debutto li ha visti sulle tv nazionali, da Jimmy Kimmel a Conan O'Brien, ha
fatto far loro da spalla a Bob Dylan e a Gary Clark Jr e ha ricevuto gli elogi
della critica (da Rolling Stone all'Huffington Post). Che poi siano due giornali
su cui fare affidamento in termini di musica è tutt'altro che scontato.
Lonely
Is A Lifetime del 2016 è il disco del seguito e, nel 2018, escono le nuove tracce
di Greetings from the Neon Frontier. Titolo che ovviamente fa riferimento
al sud, alla frontiera, alla storia americana, sotto le luci scintillanti del
neon, quasi che si trattasse di un Blade Runner ambientato in New Mexico. Niente
di più fuorviante. Dieci brani, fra i più scontati, banali e triti, in un miscuglio
di americana e country da classifica. Dov'è la ribellione dei rocker? Dov'è il
mood sudista rilassato e groovy? Dove sono i sani (per modo di dire) eccessi e
le sregolatezze rock? Dov'è l'incazzatura e il giovanile "Je m'en foute!"? E se
Quittin' Time viene definito dalla stampa
americana un gran pezzo di apertura, allora come classificare Twice as Hard
(Black Crowes)? Se Wildfire è un brano sulla vita on the road, che
dire di Lodi dei CCR? Two Broken hearts
vuole essere un omaggio ai gruppi vocali con forti influenze country (una Hickory
Wind per intenderci), ma se la paragoniamo a Fork in the River, cosa ne
rimane? E se Golden Days cerca di avere il
piglio rock e il crunch tipico del rock n roll stradaiolo, sfrenato e godereccio,
come può reggere con una Stay with Me, ad esempio?
Il confronto
secondo noi è più che impietoso, e non certo a favore della band di Nashville.
Ma non solo con i mostri sacri, anche con nuove leve come Andy Jenkins, Levi Parham
o Phil Cook. Per non parlare di brani tediosi come Big
Sky (vocalizzi che richiamano i Beach Boys o gruppi alla CSNY, ma in
modo imbarazzante), Hold on to Love (sempre sulla stessa onda del precedente
ma con in più - o in meno a seconda dei punti di vista- arrangiamenti anni '90
mainstream), così come il forzato ritmo latineggiante di Every Morning I Quit
Drinkin' (ma dai, siamo onesti, con quelle facce perbene….). Cori e doppie
voci, violini messi qua e là a profusione, qualche lapsteel e l'effetto americana-revival-rocknroll-unpo'byrdsunpo'blackcrowes
è bello che pronto. Peccato che, dopo un po' di make up, trucco e belletti vari,
sembra che vogliano far passare Mariangela Fantozzi per Angelina Jolie. Fessi
sì, ma a tutto c'è un limite. Insomma, saranno piume selvagge, a noi sembrano
solo leggermente arruffate e sicuramente troppo leziose per essere piume di un
corvaccio rock 'n roll. Sporcatevi, incattivitevi, incazzatevi, fate un po' di
vita ai limiti e poi ne riparliamo.