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Americana di
Domenico Grio
(14/04/2017)
La
categoria Americana, ammesso abbia un qualche valore pratico siffatta classificazione,
è diventata oramai un enorme ed eterogeneo contenitore. L'aspettativa di ogni
rock band che si rispetti, decisa a fare i conti con la tradizione ed a mantenere
un approccio melodico, è proprio quella di trovare spazio in questo speciale catalogo,
che garantisce grande visibilità e riesce a suscitare l'interesse sia delle nuove
generazioni sia di quelle più legate agli stilemi classici del country, del folk,
del blues o del soul. Operata questa premessa, precisato peraltro che non esiste
di fatto una vera e propria scena musicale Americana identificabile con una precisa
area geografica e, soprattutto, che questa rivisitazione "alternativa" delle radici
si rileva spesso inconsistente e persino irriguardosa, il risultato raggiunto
da Drew Holcomb con questo suo ultimo album può senz'altro aiutarci a dare
una qualche forma tangibile a questa moderna rielaborazione dei suoni della cultura
musicale statunitense.
Ma se da un lato Souvenir ha tutte
le specifiche del genere, in realtà supera la mera questione stilistica e ci ricorda
che l'unica cosa che conta davvero è discernere tra la buona e la cattiva musica.
Undici riuscitissime tracce a dirci che con idee e mezzi, i risultati possono
essere eccellenti, indipendentemente dall'ambito musicale che si frequenta. Si
inizia con The Morning Song, brano diretto
ed incisivo, dal morbido sapore west-coast, si passa a California, perfetta
radio-song, per approdare a Fight for Love,
sorta di anthem vigoroso e martellante, primo singolo della raccolta. Tre brani
congegnati per rimanere a lungo in testa, ma strutturati con gusto ed impreziositi
dal bellissimo timbro vocale di Drew, adattato con grande naturalezza alle molteplici
atmosfere del disco. Il raggio d'azione, infatti, appare piuttosto ampio e la
rassegna di suoni esibita rende persino invitabili citazioni "colte". Così in
Rowdy Heart, Broken Wing viene spontaneo pensare al John Prine di All the
Best, in Black and Blue, il riferimento è
invece al Ryan Adams di Gold, mentre Yellow Rose of Santa Fe potrebbe stare
a pieno titolo nel Borderland di Tom Russell o in Letter to Laredo di Joe Ely.
Bella anche la beatlesiana Sometimes e soprattutto Postcard
Memories, vellutata folk song e Wild World, episodio finale,
in cui chitarra acustica e pianoforte si uniscono in un impasto magnifico, ad
alta intensità emotiva. Importante anche il lavoro sui testi, alla stesura dei
quali questo talentuoso musicista del Tennessee è stato aiutato da Rich Brinsfield
e Nathan Dugger e la produzione che, pur nel solco della modernità, non cade affatto
nella pericolosa tentazione di tirar fuori qualche inopportuna trovata ad effetto.
Difficile individuare punti deboli, tutto fila via senza esitazioni e la sensazione
finale è quella di avere tra le mani qualcosa di importante, un bel condensato
di romantico e vitale rock delle radici. "Honest songs that explore the full range
of American roots music", questo è quanto trascritto nelle note informative allegate
al promo ma non sembra dubitabile che più che canzoni "oneste" quelle di Souvenir
siano grandi canzoni, assemblate da questo "Folksinger, Roots-rocker, Country
Crooner and Pop-Hook Provider" in coerenza con un percorso artistico che, dopo
il successo del precedente Medicine
(entrato nella top 15 di Billboard Folk e Rock Charts), non sembra abbia proprio
nessuna voglia di rallentare la propria corsa.