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americana, jangle pop rock di
Silvio Vinci
(06/09/2017)
Grande
sorpresa e gioia nello scoprire, in notevole ritardo purtroppo, un musicista straordinario,
che nonostante la ventennale attività e numerosi dischi, e soprattutto il plauso
della critica (per esempio Rolling Stone, o NME, che scrisse …"i dischi di Peter
Bruntnell dovrebbero essere insegnati nelle scuole"…) e di alcuni dei più influenti
musicisti contemporanei (Peter Buck), rimane ancor oggi un perfetto sconosciuto.
Peter Bruntnell, certamente intercettato nei suoi precedenti lavori dagli
attenti lettori e cultori del genere americana, si ripresenta oggi - dopo un lavoro,
"Rectrospetive", che raccoglieva il meglio della sua carriera - con un nuovo disco,
bellissimo. In breve, la storia di Peter Bruntnell: nato per caso in Nuova Zelanda
nel 1962, ma di origine gallese, ritrasferitosi in Inghilterra da bambino e successivamente
a Vancouver, ha davvero vissuto nel regno anglosassone, fino all'età degli esordi
musicali, di nuovo in Inghilterra, nel 1995, anno del debutto discografico ("Cannibal",
Almo Records) e poi frequentazioni più o meno stabili del suolo americano, sul
quale ha collaborato con artisti quali Son Volt, Richmond Fontaine, John Murry,
Jay Farrar.
Musicalmente, fin dagli esordi e probabilmente in anticipo
sui tempi, ha sempre avuto un approccio cantautoriale molto vicino al genere che
venne definito in tempi recenti "americana", quindi influenze country rock, folk
e west coast, con spruzzatine psych, mischiandosi però a nomi che sfortunatamente
lo hanno reso invisibile, da un punto di vista prettamente commerciale. Ritornando
al nuovo disco, Nos da Comrade (in lingua gallese, ndr), è stato
registrato in casa Bruntnell, nel più profondo Devon, tra febbraio e giugno 2015,
autoprodotto, con l'aiuto di Mike Clews (batteria), Peter Noone (basso), James
Walbourne e Dave Little (chitarre), e la regia di Peter Linnane, tutti nomi noti
nel panorama indie, e messo alle stampe nel 2016 e riproposto ora per il emrcato
europeo dalla Blue Rose. Come accennato prima, probabilmente è il disco della
maturità, il suggello artistico definitivo per Peter Bruntnell, che raccoglie
in unidici tracce tutto il meglio del suo stile, cristallizzando sia nelle canzoni
rock sia nelle ballate, il connubio delle influenze americane e british.
Mr.Sunshine
è la prima track, orecchiabile nelle armonie e pungente nel testo (palese
il riferimento al neo presidente americano Donald Trump), rock moderno con un
impressionante somiglianza allo stile del miglior Tom Petty. Gran pezzo, un hit
single pop che meriterà il giusto riconoscimento anche verso un pubblico più ampio
. La successiva End Of The World è la mia
preferita, dolce e poetica ballad, con la chitarra acustica che ricama e accompagna
il cantato melodico. Un gioiellino alt-country oriented, da crepuscolo, di gran
classe. Rainstars prosegue il piglio rock, e per similitudine melodica
sembra quasi la seconda parte di Mr.Sunshine, mentre la spettacolare Yuri
Gagarin ci lancia nello space rock di Byrdsiana memoria e a quel sound
ripreso recentemente con fortuna da suoi colleghi contemporanei (Anders Osborne,
Mother Hips), che hanno riportato in auge la cavalcata psichedelica dilatata e
ipnotica. Stesso copione nella acida Where The Snakes Hang Out, e nella
californiana Long Way From Home, pezzi dove le scorribande chitarristiche
la fanno da padrone. Un'altra traccia folk, Dance Of
The Dead, ancora una volta morbida e crepuscolare, e Caroline,
pezzo che chiude la playlist sono i brani che si fanno ricordare, specialmente
per quel calore e quella passione che traspare dalle liriche e dall'arpeggio sulla
chitarra.
Un gran bel lavoro questo Nos Da Comrade per Peter
Bruntnell, un disco che non sfuggirà stavolta dal palco prestigioso delle stellette
della critica e degli appassionati del genere americana. Per quanto mi riguarda,
nel suo genere è da annoverare tra i più belli dell'anno fin ad ora. E adesso
mi accingo, e spero lo facciate tutti voi, a riscoprire la sua lunga discografia.