File Under:
hardcore troubadour di
Fabio Cerbone (11/06/2015)
Fisico
massiccio, viso tondo e barba selvatica, un look perfettamente incastrato in quella
"heartland" americana che vuole narrare attraverso le sue canzoni, John Moreland
è l'ultimo frutto maturo della scena country fuorilegge dell'Oklahoma, la stessa
che ha regalato i nomi di John Fullbright e Parker Millsap, tra gli altri. Se
questi ultimi sembrano distinguersi per un approccio che passa dalla canzone d'autore
più riflessiva e adulta (il primo e la sua svolta alla Randy Newman dell'ultimo
lavoro) alla schiettezza delle radici country blues (il secondo e il suo omonimo
album rivelazione dello scorso anno), Moreland abita saldamente la terra del country
rock proletario, con i santini di Steve Earle e Guy Clark o la fotografia di Nebraska
nella tasca sgualcita dei suoi jeans da camionista. High on Tulsa Heat,
fra tormenti interiori, tornadi all'orizzonte, storie dai contorni dell'american
dream, è uno di quei dischi che hanno più fascino nel loro sguardo a lungo raggio
e meno se presi singolarmente, canzone per canzone.
Dovete amare un preciso
immaginario, la narrazione di un'America defilata che ancora esiste fuori dalle
agiografie e sempre attira a sé, per entrare in contatto con la cruda sincerità
folkie di Moreland, trent'anni e un passato da ribelle punk, che come altri adolescenti
ha avuto l'illuminazione scavando nella collezione di dischi del padre. Quando
sono usciti i nomi di Guy Clark e Neil Young, ci racconta lo stesso John Moreland,
il mondo intorno gli è cambiato di colpo e ha scoperto che il songwriting è una
questione seria. Ecco da dove spuntano le confessioni acustiche di Hang
Me in the Tulsa Country Stars e Cleveland County Blues, il retrogusto
country e i forti accenti rurali di Cherokee
e You Don't Care for me Enough to Cry. Se avete apprezzato la trasformazione
intimista dell'ultimo Jason Isbell e ne cercate una versione più brusca (nel portamento
della voce), il terzo disco di John Moreland (la scoperta con il precedente In
the Throes, alcuni brani prestati alla serie "Sons of Anarchy") farà
breccia nei vostri ascolti americani.
Anche perché, oltre le malinconiche
lezioni folk dei maestri citati, Moreland ha prestato orecchio anche alla sferzante
semplicità elettrica del migliore heartland rock, e non poteva essere altrimenti,
viste le origini: dunque via al battito alternative-country di Heart's
Too Heavy e Losing Sleep Tonight, al piglio più rock di High
on Tulsa Heat e Sad Baptist Rain,
sulla scia di un giovane e ribelle Mellencamp, secche nelle ambientazioni ma con
quel suono roots elettrificato che non chiede troppi abbellimenti perchè non si
perda per strada l'essenza della canzone (American Flags in Black and White,
fra i testi migliori della raccolta). Insieme a John Moreland si accompagnano
un manipolo di ottimi comprimari, da Jesse Aycock (Hard Working Americans) a Jared
Tyler (Malcolm Holcombe), offrendo a High on Tulsa Heat l'abito più consono, quello
che sembra riflettere l'animo di un ragazzo della working class dell'Oklahoma,
cresciuto in mezzo al nulla americano.