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country got soul di
Fabio Cerbone (06/11/2014)
E'
inevitabile che verrà giudicato come il disco della maturità, che sappiamo
non coincidere sempre con l'espressione massima di un artista, questo Lateness
of Dancers. Mc Taylor e Scott Hirsch, ovvero anima e cuore del progetto
Hiss Golden Messenger, segnano il passaggio verso la storica etichetta indie
della Merge con un lavoro dalle fattezze più curate e rotonde, senza per questo
tradire il senso ultimo della loro musica, quella commistione di radici country
folk e prelibatezze soul che ha colpito la nostra attenzione fin dal loro Poor
Moon del 2012. Un disco che sancì la consacrazione dopo la precedente
esperienza, poco fortunata rispetto ai meriti, nel sodalizio dei Court & Spark.
Dunque, non un cambio di marcia - impossibile forse per una musica spesso così
imbevuta di simili inflessioni, quasi ripetitiva - ma senza dubbio un'intenzione
più smussata nel sound, che appare evidente già nelle tenere palpitazioni sudiste
di Lucia e persino in qualche vibrazione pop
tra piano e mandolino in Saturday's Song.
Si tratta di ballate dai colori primaverili, meno umorali del previsto,
nonostante sempre percorse dalla particolare cadenza vocale di Taylor, caratteristica
che contribuisce a non stravolgere la ricetta Hiss Golden Messenger. Un album
nel complesso affabile quanto i precedenti, magari meno intrigante nel connubio
testi-musica, che alcune atmosfere del passato sapevano risaltare con più efficacia,
e tuttavia una delle poche testimonianze che ci appaiono ancora vitali in quel
limbo che potremmo definire per comodità alternative country. Rimandano a quella
tradizione le docili storie di Day O Day (A Love So Free),
languido inno tinteggiato di soul, di Black Dog Wind (Rose of Roses) e
Chapter & Verse (Ione's Song), una sorta
di Lambchop meno letargici e più intrisi di cultura sudista, se volessimo trovare
un metro di paragone, così come la chiusura bucolica di Drum,
piccola gioia country che giunge alla conclusione di un viaggio fra i personaggi
e le confidenze narrati da M.C. Taylor, uno che continua a scrivere canzoni piene
di mistero, dolore e spiritualità.
Nel nuovo lavoro, oltre all'inseparabile
Hirsch, trova spalle ideali in William Tyler (chitarre), nella seconda voce di
Alexandra Sauser-Monnig (Mountain Man) e nella coppia dei Megafaun Phil e Brad
Cook, che tengono fede alla storia passata di Hiss Golden Messenger, dipingendola
ora di brillante pop rock (Mahogany Dread),
altre volte di un inedito spirito swamp blues: per esempio nel ficcante riff di
una ossessiva I'm a Raven (Shake Children)
e nel ritmo incalzante di Southern Grammar, da qualche parte fra Tony Joe
White e JJ Cale, ma con la sensibile differenza di una voce più "accogliente",
dal leggero timbro nasale, che solitamente non ci asoetteremmo associata a queste
sonorità.