Una copertina virata suoi neon della notte, un motel dalla periferia del nulla
che tanto richiama le stesse fotografie utilizzate per i suoi romanzi, l'esordio
targato The Delines è animato dalla penna di Willy Vlautin, voce
narrante dei Richmond Fontaine e oggi più che mai talento della letteratura americana
dei margini con i suoi The Motel Life e Verso nord (pubblicato di
recente in Italia da Quarup). In questa occasione però Vlautin si è defilato dal
ruolo di attore principale, limitandosi alla sceneggiatura (e alla parte musicale),
offrendo i suoi testi alla voce soulful e agrodolce di Amy Boone, amica
di lunga data incontrata sull'affollata e vivace scena folk di Portland, una mecca
assoluta dell'underground americano da diversi anni a questa parte. Ex prima donna
delle Damnations Tx. insieme alla sorellastra Deborah Kelly, formazione minore
del circuito roots rock con un paio di lavori rimasti nel dimenticatoio, nonostante
le mille promesse e qualche osanna (esagerato) della stampa specializzata, la
Boone diventa qui autentica musa e offre il canto alle storie di ordinario dolore
e nuove speranze che Vlautin coglie dal quotidiano della società americana.
The
Delines hanno preso forma definitiva nel 2012 con gli innesti del batterista Sean
Oldham e soprattutto della pianista Jenny Conlee (The Decemberists) e di Tucker
Jackson (Minus 5) alla pedal steel, elementi questi ultimi essenziali nel tratteggiare
il mood avvolgente e sussurrato di Colfax, classico esempio di un
alternative country al crepuscolo che richiama le distese e la solitudine di certi
non-luoghi americani, gli stessi che da tempo ispirano l'opera di Vlautin con
i Richmond Fontaine (ricordiamo che la band è originaria di Reno, Nevada e da
anni opera a Portland). L'impressione dunque è che il languido, desertico incedere
dei Delines sia una trasposizione meno secca, acida e garagista degli album dei
Richmond Fontaine, approfittando fin da subito con Calling
In e The Oil Righs at Night delle
inflessioni di Amy Boone, una voce poco appariscente eppure ricca di sfumature
che ricorda da vicino l'approccio di una Margo Timmins (Cowboy Junkies).
L'accostamento
con l'assopito, candido suono country rock dei canadesi (da sentire Flight
31) pare azzeccato per descrivere le morbide pennellate di chitarre
e steel in Colfax Avenue, I Won't Slip Up e
State Line, punteggiate da un leggero piano
elettrico e levigati riverberi, nonostante il limite maggiore dell'intero debutto
dei Delines appaia a volte proprio questo compiaciuto atteggiamento sonoro, che
appiattisce un po' l'effetto finale. Sandman's Coming è un elegante diversivo
jazzy per piano e voce, piazzato a metà della scaletta, ma per il resto si torna
a viaggiare tra dinamiche molto controllate e minimali, che spesso volgono lo
sguardo alla citata matrice soul e si tingono anche di raffinati profumi sixties
(I Got My Shadows e He
Told Her The City Was Killing Him), ma chiudono con un autentico colpo
di classe intitolato 82nd Street. Difficile
pronosticare, visti i mille interessi di Vlautin, se Colfax resterà soltanto un
episodio isolato o qualcosa pronto a cercare nuovi spazi di espressione.