Ian
Siegal and The Youngest Sons The Skinny
[Nugene
records
2011]
Faccia
da spaccone e sorriso beffardo, Ian Siegal ha tatuato sulle braccia Muddy
Waters e Howlin' Wolf. Una scelta senza mezzi termini, come il suo blues crudo
e senza fronzoli di sorta, da chitarre "scarnificate" e voce cavernosa rubata
alla strada, quella dei buskers di Berlino dove s'è fatto le ossa. A riconoscerne
il talento basta vederlo dal vivo, corrisponde a quel che si dice di chi la musica
la mastica davvero: meglio così che su disco. Il supporto "fonico" a quelli come
lui non sempre rende giustizia, a meno che non sia registrato al top da un'abile
produzione a coglierne l'atmosfera e gli umori del contesto, meglio ancora se
"analogico" e "downhome". Non a caso uno studioso dei luoghi sacri del blues in
Mississippi come Steve Cheseborough (Blues Traveling. The Holy Sites of Delta
Blues, University Press of Mississippi) ha dichiarato proprio come dentro a quei
posti vi sia davvero qualcosa di magico, del tipo che "quando mi siedo e suono
Catfish Blues e Kindhearted Woman in Mississippi.." - dice - "..suonano
meglio rispetto a quando le suono a New York o in Arizona".
Dev'essere
a qualcosa del genere che hanno pensato anche i North Mississippi All Stars, se
il fratello Cody Dickinson ha poi deciso con gli altri di ospitarlo dalla
vecchia Europa a Coldwater, Mississippi, e produrgli il nuovo The Skinny.
Ecco allora che quel diavolo di Siegal si ritrova nel posto giusto al momento
giusto, oseremmo dire, e cioè un agosto 2010 allo Zebra Ranch (lo studio di Coldwater,
Mississippi fondato da papà Jim Dickinson) dei fratelli, a Nord del Magnolia
State, neanche fosse uno di casa. Ed ecco perché all'occasione si presentano pure
eredi Burnside & Kimbrough (papà Robert Lee e David "Junior" sono ormai tra i
"grandi" padri del Blues, di questo blues) e con l'alternanza di Cody alla batteria
col figlio di Bobby Blue Bland (Rodd), il basso di Garry Burnside e l'altra chitarra
di Robert Kimbrough, formano gli Youngest Sons. Il resto è il sound di
cui sopra, quello che anche su disco (e stavolta è una di quelle) rende merito
a mr. Ian, nato Berry, 1971, profondo Sud ..dell'Inghilterra.
Che si conservi,
nemmeno lui lontano da un cliché di "maledettismo", ma di certo troppo "young"
per una voce così satura di bourbon, whisky o che si voglia beer. Chiaro (come
l'acquavite..) quando approccia la title-track, incedere pastoso come l'acque
fangose, e una partecipazione persino di Alvin Youngblood Hart all'altra
chitarra. Poi salta fuori come special guest anche Andre Turner per quel suono
che, ancestrale, riprende il flauto di legno di nonno Othar e in Devil's
In The Detail, un richiamo ritmico tribale da una triangolazione che,
in questi casi, tra Europa, Africa e America, riscatta uno storico e drammatico
passato. Il vortice gorgogliante della washboard elettrificata di Cody trasforma
il blues di Stud Spider in un moderno funky
e dalla Picnic Jam (a firma Burnside) a Natch'L
Low (Coolin' Board) più nera che mai, Ian Siegal con gli Youngest Sons
se ne esce veramente come un rinato e ululante lupo mannaro inglese a Tate County,
USA. (Matteo Fratti)