Il
più letterario e beat dei cantori del border completa il percorso intrapreso con
Blood
on a Candle Smoke, celebrando in Mesabi una sorta di
compendio del suo stile e della sua ricerca decennale. Del precedente progetto
Mesabi costituisce al tempo stesso una prosecuzione e un ampliamento, senza minimamente
scadere in una copia sbiadita. Lavoro complesso, più di un anno di gestazione,
quindici canzoni collocate geograficamente in diversi luoghi e studi di registrazione
(Nashville, Tucson, Los Angeles e El Paso), personaggi e vicende che passano da
figure acclamate, star in decadenza, assoluti outsider e naturalmente memorie
personali dello stesso Russell. Non un vero e proprio concept, ma più soggetti
intrecciati fra loro, come se Mesabi rappresentasse una raccolta di novelle unite
da un filo rosso. Se il "set cinematografico" è dunque familiare per Tom Russell,
lo è altrettanto la musica, un groviglio di ballate arse dal deserto, stentorei
folk rock, sabbiose brezze dal confine messicano, con accordi e passaggi usuali
per l'autore, eppure sospinti da una vitalità degli arrangiamenti che li rendono
nuovi e significativi. Lo schieramento è di quelli che non si scordano: ancora
camei sparsi dei Calexico, le partecipazioni di leggende quali Van Dyke
Parks e Augie Meyers, l'ottimo pianista e co-produttore Barry Walsh, e ancora
David Henry, Will Kimbrough, Victor Krauss, Fats Kaplin, come dire l'essenza di
un'altra Nashville.
L'effetto si coglie negli episodi più elettrici, in
un'epica Mesabi ad aprire le danze: costituisce
la parte più "privata" dell'album. Russell traccia la desolazione del Minnesota
dove è cresciuto il suo mentore Bob Dylan e al giovane folksinger Robert Zimmerman
cerca di rapportarsi in una comune storia di influenze e ascolti musicali. La
successiva When the Legends Die sposta l'attenzione
sullo stesso Tom Russell e la sua ostinata maturazione come autore, la strada
fatta per affrancarsi dai suoi maestri. Il set si sposta quindi all'esterno, in
una galleria di personaggi fra Hollywood e Disney, celebrando le sfortunate vite
di Bobby Driscoll (la bellissima ballad elettrica Farewell
Never Land), voce di Peter Pan al cinema, morto dimenticato e tossicodipendente
a soli trentuno anni, di Cliff Edwards detto "Ukulele Ike" (il retro
wing The Lonesome Death of Ukulele Mike),
musicista jazz e suonatore di ukulele caduto in disgrazia, e ancora di Sterling
Hayden (l'asciutto folk di Sterling Hayden),
attore in Johnny Guitar e Giungla d'asflanto, abbattuto dalla mannaia del maccartismo
e dalla caccia alle streghe comuniste negli anni '50. Furious
Love (For Liz) è l'ultima canzone incisa in ordine di tempo, breve
bozzetto acustico dedicato alla scomparsa di Liz Taylor, mentre i trionfali toni
da marcia funebre in stile New Orleans di A Called Way
Out There, con sezione fiati al completo, vanno in memoria dell'improvvisa
morte di James Dean.
Il disco è un continuo andirivieni di luoghi e relative
espressioni musicali: Heart With a Heart è
ampliata nella sua veste gospel dalle voci delle McCray Sister, Jai
Alai un bollente flamenco con la chitarra spanish di Jacob Mossman,
And God Created Border Town chiama alle armi l'accordion tex mex di
Joel Guzman e il piano di Augie Meyers, tratteggiando le miserie delle
città di confine, fondendosi con naturalezza nella successiva Goodnight
Juarez, località a cui Russell è legato da grande affetto. Il disco
ufficialmente si chiude sulle note della ripresa acustica di Love
abides, già presente in The Man From God Knows Where, anche se la verbosità
di Tom Russell non lo frena dall'includere due bonus track, entrambe presenti
nella colonna sonora di "Road to Nowhere", film targato 2010 del regista
di culto Monte Hellman. E per fortuna aggiungiamo noi: la cover rallentata e rarefatta
di A Hard Rain's A-Gonna Fall, cantata in
coppia con Lucinda Williams, è un mezzo miracolo di latente tensione, la stessa
The Road to Nowhere invece un altro saggio
dell'intesa raggiunta con i Calexico, sullo sfondo di una storia di caduta e miseria
ai margini dell'America. Un altro centro perfetto nella collezione di Tom
Russell. (Fabio Cerbone)