Grant
Peeples Okra and Ecclesiastes
[Grant
Peeples 2011]
Dopo una vita da espatriato
sulla Miskito Coast in Nicaragua, vent'anni fuori dal suo paese, Grant Peeples
ha fatto ritorno fra la sua gente, lui che è originario della Florida. In
qualche modo ognuno dei tre lavori che hanno segnato il come back artisrtico
alla musica suonata e registrata, a partire dal 2008 con It's
Later Than You Think, si agganciano a questo tema centrale: raccontare
l'America dalla prospettiva singolare di un uomo del Sud che si è per lungo tempo
staccato dalla tradizione che lo aveva visto crescere. Avendo peraltro deciso
di trasferirsi nella "bolgia" dei Caraibi e di una nazione (Nicaragua) che con
gli Stati Uniti ha avuto qualche "screzio" politico di non poco conto, Peeples
forse ha goduto di una prospettiva invidiabile per far germogliare l'aspetto ironico
e critico di alcuni suoi testi, quelli ad esempio che colorano di sarcasmo l'honky
tonk elettrico di Down Here in the Country e
il finale di High Fructose Corn Syrup, sorta
di "inno" per lo stesso autore.
E non vi è alcun dubbio che il bagaglio
culturale di queste canzoni possieda quella dignità tipica soltanto di certi storyteller
di razza: parole asciutte, immagini vivide che poggiano lo sguardo sul fango e
i margini americani, dai racconti di John L and Helen
e Powerlines fino alla durissima, malinconica
My People Come from the Dirt, alla quale
forse non causalmente viene assegnato il compito di aprire l'album. Dove Grant
Peeples pare invece arenarsi non poco è nella scelta di restare ligio al copione
di un folksinger polveroso e dall'accento country blues che troppe volte è stato
sfruttato, aggravando la situazione nella dipendenza assoluta dalla produzione
e dal sound di Gurf Morlix. Che quest'ultimo sia un nume tutelare di certo
country rock texano non vi è dubbio, così come Okra and Ecclesiastes risulti
infine una sorta di figlio minore dei vari Slaid Claves e Ray Wylie Hubbard, magari
con una punta di Tom Russell fra le righe.
È proprio l'atmosfera secca
delle registrazioni di Morlix, le sue chitarre aspre e quel battito scheletrico
che più volte ha sfruttato nella sua carriera di produttore a rendere il lavoro
di Grant Peeples l'ennesima variazione sul tema: dal battito scarno e prevalentemente
acustico di Empty Cup alle trame bluesy di
Lethal Injection Blues (riflessione onesta e amara sulla pena di morte)
alle più strette cadenze texane di Cowboy Gothic
e Last Great Buffalo Hunt, ballata dove l'accordion
di Radoslav Lorkovic colora di border e Messico le parole, il leit motiv si ripete
con troppa prevedibilità e stanchezza. Un'occasione mancata forse, perché la netta
sensazione è che Grant Peeples sia uno scrittore dalla pella dura, con solide
basi: l'idea di appoggiarsi agli onori di Morlix e dei suoi musicisti più fidati
(c'è anche la batteria di Rick Richards) la si può comprendere in termini di visibilità,
purtroppo non sembra essergli stata di grande aiuto. (Fabio Cerbone)