inserito 01/02/2011

Over the Rhine
The Long Surrender
[
Great Speckled Bird  
2011]



Segno dei tempi musicali che stiamo vivendo - in totale subbuglio, anche un po' barbari, ma se non altro imprevedibili - il nuovo lavoro degli Over The Rhine ha dovuto pazientemente raccogliere il soccorso (soprattutto economico, si intende) dei molti fan per vedere la luce. Un destino infame che una band di questa levatura non meriterebbe certamente, ma che alla fine sembra essersi presa la rivincita, sfoderando quella indipendenza artistica necessaria per librare ogni pulsione compositiva. The Long Surrender è infatti l'esito miracoloso di un impegno negli studi casalinghi di Joe Henry, produttore e deus ex machina di questa raccolta singolare nella stessa carriera degli Over The Rhine: album di ambiente folk ed eleganza pop jazz, di esplosioni gospel e sinuose ritmiche, ruba i segreti migliori della recente arte di Henry e li applica alla bellezza cristallina delle melodie del piano di Linford Detweiler, ma soprattutto alla carica sentimentale della voce di Karin Bergquist, vera e propria regina delle registrazioni.

È lei più che mai al centro di queste canzoni, accentuata nella trascinante passione interpretativa - quella che già avevamo imparato a conoscere in piccoli dischi di culto quali Ohio o Drunkard's Prayer - eppure oggi esaltata dalle tonalità notturne e soffuse che Henry ha saputo costruire insieme ad un manipolo di fidatissimi musicisti: con la sezione ritmica in mano a Jay Bellerose e David Piltch, qualche rintocco di tromba e gli abbellimenti degli strumenti a corda di Greg Leisz siamo letteralmente catapultati in paradiso. Canzoni trascendenti, anche nelle tematiche dei testi, toni malinconici, paesaggi dell'anima che si riversano in una sequenza di ballate con dettagli minuziosi: la musica degli Over the Rhine non cambia pelle ma senz'altro si fa più austera e raffinata, forse abbandonando quella matrice folk di partenza per cui furono frettolosamente catalogati al fianco degli amici Cowboy Junkies, ma nel contempo partendo dalle certezze di The Laugh Of Recognition, un ponte lanciato verso il passato per non spiazzare in partenza, muovendosi nella celestiale spirale di Rave On o fra il guanto jazzy di Soon. Karin Bergquist, come anticipato, è la stella incontrastata, la voce per eccellenza: delicata, stentorea, addomesticata e imprevedibile negli scoppi di intensa passione, sfugge fra inaspettati alti e bassi seguendo le curve dei brani.

Se il delicato tocco pianistico del compagno Detweiler la tiene per mano in Sharpest Blade e la trasporta in paradiso attraverso il pathos incredibile di Infamous Love Songs, Henry e la band innalzano intorno a lei una casa accogliente dove ogni nota acquista un senso che possa, grazie a pochissime pennellate, condurre al centro dell'intepretazione. Suggestive le gradazioni spiritual che abbelliscono una "tragica" Only God Can Save Us Now, più sangiugne e sensuali quelle che uniscono black music e un coro in odore di soul in The King Knows How, nell'insieme l'anima "nera" del disco che converge infine in quelle ballate, sospese fra pop e jazz da ore tarde, qui rappresentate dalla lunga All My Favorite People e dalla malinconica There's A Bluebird In My Heart, quest'ultima fortemente marchiata dal gusto di Joe Henry. Non si pensi tuttavia che la personalità degi Over the Rhine si annulli totalmente nella produzione o fra i contributi dei collaboratori: la dolcissima carezza di Oh Yeah By The Way è tutta farina del loro sacco, mentre la filastrocca acustica di Undamned chiama in causa l'ospite Lucinda Williams in un rimpallo di voci e sofferenza che la,bisce i territori della canzone Americana. The Long Surrender risulta così non come una deviazione dalla strada principale degli Over the Rhine, semmai come una paziente ricostruzione del loro stile e certamente come il loro album più definito in termini di suono.
(Fabio Cerbone)


www.overtherhine.com


   


<Credits>