inserito 19/04/2011

Alela Diane
Alela Diane & Wild Divine
[
Rough Trade/ Self  
2011]



Alela Diane é cambiata; non è più quella dolce folk singer tanto ammirata dalle comunità hippie, che faceva gridare al miracolo con quel piccolo capolavoro The Pirate's Gospel, bensì un'artista affermata che incide per una importante etichetta come la Rough Trade. Due anni sono passati da quando uscì il suo secondo capitolo, quello splendido To Be Still che la consacrò, insieme alla vecchia amica Joanna Newsom, come la rilevazione del nuovo folk al femminile. Nel frattempo si è sposata con il suo bassista (ora chitarrista) Tom Bevitori e ha girato il mondo in lungo e in largo con la sua band, i Wild Divine, che include l'altro Tom della sua vita, Tom Mening padre di Alela alla chitarra solista, il bassista Jonas Haskins e il batterista Jason Merculief. Grandi sono state le attese e le speranze per il suo terzo album (il difficile album della maturità!), che ha visto la cantautrice di Nevada City passare dal folk acustico costruito su ballate intime, oniriche ed acustiche a brani elettro acustici supportarti a 360° da tutta la band. Quello che è sicuramente rimasto è la sua dolce e inconfondibile voce, insieme ai suoi testi che restano sempre evocativi e ancorati alla bellezza della natura che ci circonda e alle gioie e dolori della vita.

Alela ha forse perso qualcosa in originalità rispetto a quel magico esordio, optando per un suono più pieno e completo la cui produzione é stata affidata al leggendario Scott Litt (che ha lavorato con nomi altisonanti come Nirvana, Rem e Replacements) e dove diventa la frontwoman indiscussa di una band a tutto tondo. L'iniziale To Begin (proprio per rompere il ghiaccio) è uno dei pezzi più coinvolgenti dell'intera raccolta, arricchito da una tastiera jazzy, dai riff trascinanti dei due Tom e dai vocalizzi di Alela ad inebriare la melodia. Il brano funziona ed é un grande opening. Heartless Highway ci riporta alle atmosfere acustiche di To Be Still come pure la bellissima Suzanne dedicata alla madre, dove affluiscono le note malinconiche del piano prima che il brano esploda in un crescendo da brividi sottopelle. The Wind mantiene la spiritualità e l'intimità delle sue precedenti composizioni, come la suadente Desire e l'evocativa filastrocca folk Elijah. Non convincono invece appieno Long Way Down, scritta insieme al marito, troppo energica e ritmata e Of Many Colors venata di psichedelica alla maniera dei primissimi Jefferson Airplane. White Horse ci rimette in carreggiata con un walzer corale, dove fa capolino una fisarmonica mentre la conclusiva Rising Greatness, che nasconde un qualcosa di arcano e spirituale, mette ancora una volta in risalto le sue doti vocali che sempre più si avvicinano a quelle di Josephine Foster.

Gli estimatori di lunga data forse la preferivano come quella "figlia dei fiori" con la gonna lunga e i colori sgargianti, innamorata delle semplici armonie acustiche legate al folk più puro e naturale e storceranno il naso di fronte a questa nuova veste di cantautrice ormai maturata, con più eleganza e raffinatezza rispetto al passato, che però continua a raccontare le sue storie con grande sensibilità, tanto cuore e sentimento.
N.B. In UK il cd è accompagnato da un bonus cd di B-sides e home recording composto da sei brani.
(Emilio Mera)


www.aleladiane.com


   


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