Alela
Diane é cambiata; non è più quella dolce folk singer tanto ammirata dalle
comunità hippie, che faceva gridare al miracolo con quel piccolo capolavoro The
Pirate's Gospel, bensì un'artista affermata che incide per una importante
etichetta come la Rough Trade. Due anni sono passati da quando uscì il suo secondo
capitolo, quello splendido To
Be Still che la consacrò, insieme alla vecchia amica Joanna Newsom,
come la rilevazione del nuovo folk al femminile. Nel frattempo si è sposata con
il suo bassista (ora chitarrista) Tom Bevitori e ha girato il mondo in lungo e
in largo con la sua band, i Wild Divine, che include l'altro Tom della sua vita,
Tom Mening padre di Alela alla chitarra solista, il bassista Jonas Haskins e il
batterista Jason Merculief. Grandi sono state le attese e le speranze per il suo
terzo album (il difficile album della maturità!), che ha visto la cantautrice
di Nevada City passare dal folk acustico costruito su ballate intime, oniriche
ed acustiche a brani elettro acustici supportarti a 360° da tutta la band. Quello
che è sicuramente rimasto è la sua dolce e inconfondibile voce, insieme ai suoi
testi che restano sempre evocativi e ancorati alla bellezza della natura che ci
circonda e alle gioie e dolori della vita.
Alela ha forse perso qualcosa
in originalità rispetto a quel magico esordio, optando per un suono più pieno
e completo la cui produzione é stata affidata al leggendario Scott Litt (che
ha lavorato con nomi altisonanti come Nirvana, Rem e Replacements) e dove diventa
la frontwoman indiscussa di una band a tutto tondo. L'iniziale To
Begin (proprio per rompere il ghiaccio) è uno dei pezzi più coinvolgenti
dell'intera raccolta, arricchito da una tastiera jazzy, dai riff trascinanti dei
due Tom e dai vocalizzi di Alela ad inebriare la melodia. Il brano funziona ed
é un grande opening. Heartless Highway ci
riporta alle atmosfere acustiche di To Be Still come pure la bellissima Suzanne
dedicata alla madre, dove affluiscono le note malinconiche del piano prima che
il brano esploda in un crescendo da brividi sottopelle.
The Wind mantiene la spiritualità e l'intimità delle sue precedenti
composizioni, come la suadente Desire e l'evocativa
filastrocca folk Elijah. Non convincono invece
appieno Long Way Down, scritta insieme al
marito, troppo energica e ritmata e Of Many Colors
venata di psichedelica alla maniera dei primissimi Jefferson Airplane. White
Horse ci rimette in carreggiata con un walzer corale, dove fa capolino
una fisarmonica mentre la conclusiva Rising Greatness,
che nasconde un qualcosa di arcano e spirituale, mette ancora una volta in risalto
le sue doti vocali che sempre più si avvicinano a quelle di Josephine Foster.
Gli estimatori di lunga data forse la preferivano come quella "figlia
dei fiori" con la gonna lunga e i colori sgargianti, innamorata delle semplici
armonie acustiche legate al folk più puro e naturale e storceranno il naso di
fronte a questa nuova veste di cantautrice ormai maturata, con più eleganza e
raffinatezza rispetto al passato, che però continua a raccontare le sue storie
con grande sensibilità, tanto cuore e sentimento. N.B. In UK il cd è accompagnato
da un bonus cd di B-sides e home recording composto da sei brani. (Emilio
Mera)