The
Sadies
Darker Circles
[Yep
Roc/ Audioglobe 2010]
Per buona parte della critica americana giunti all'apice della loro ispirazione
con il precedente New Seasons, i Sadies confermano il team artistico vincente
con Gary Louris (Jayhawks) in cabina di regia, cercando di bissare il colpo grazie
a Darker Circles. Ci riescono e fanno di meglio: se infatti il citato
New Seasons era per chi vi scrive un disco in verità confuso e poco centrato,
comunque allineato ad una discreta medietà che aveva spesso colpito la band canadese
dei fratelli Travis e Dalls Good nelle sue produzioni di studio, il nuovo capitolo
imbocca la strada elettrica che fu dello splendido doppio dal vivo (con ospiti
e amici annessi) In Concert, a tutt'oggi l'unico album che riuscisse a catturare
l'essenza funanbolica di questa country rock band dall'anima garage. Darker Circles,
nella sua concezione più noir e umorale, esalta una band ora decisamente orientata
al rock'n'roll, conducendo le influenze dei Sadies nella direzione di un sound
livido, scalpitante, in definitiva il ritratto più fedele offerto sino ad oggi
dei loro live show, là dove gli svolazzi surf e country&western delle chitarre
di casa Good esprimevano al meglio la fantasia e il fuoco incendiario della loro
tecnica.
Il disco migliore del vasto catalogo (più di dieci anni di
carriera, una ormai considerevole discografia per Bloodshot e Yep Roc) e senza
dubbio uno dei must del 2010 in fatto di alternative country e reminiscenze sixties:
si allineano perfettamente tutte le stelle dei Good brothers tra le spirali di
Another Year Again, country rock "spaziale" alla Byrds (amore mai abbandonto
e vero e proprio punto di riferimento stilitico) con un lavoro impeccabile alle
voci e una accelerazione di ritmo in pura veste rock'n'roll nella coda finale.
È l'apertura più degna che Dark Places potesse offrire, sospinto da un suono come
sempre grondante di riverberi, fra irresistibili intrecci di chitarra e piccole
epifanie che svelano l'amore incondizionato dei Sadies per la tradizione. Sanno
essere però dei revivalisti intelligenti, tanto da non scadere soltanto nel puro
gesto didascalico: alla eco psichedelica di Cut Corners
e di una furiosa Another day Again, contraltare
veloce e garage della prima traccia, corrispondono la nostalgia Americana di Tell
Her What I Said e Whispering Circles
(il suono che Neko Case ha spesso sfruttato nei suoi dischi, chiamando i Sadies
come backing band), o ancora il nero pece di una Choosing
to Fly che avanza fra la boscaglia dei monti Appalachi resuscitando
gli spettri della varie Pretty Polly e di tutte le murder ballads della tradizione.
L'andazzo si sarà intuito è quello di un lavoro dalle tonalità increspate
e ombrose (con un omaggio accorato al leader dei Gun Club in Violet
and Jeffrey Lee), anche se lo zampino di Louris e le stesse radici
dei quattro Sadies coltivano ancora un amore smisurato per l'età dell'oro del
country rock (o forse dovremmo dire meglio per le strade di Bakersfield, con un
Buck Owens riletto via Byrds nella vispa Postcards)
e per quegli strumentali che di tanto in tanto sollevano un vento caldo e sabbioso
dal deserto dell'Arizona, salutando - manco fossero i Quicksilver di Happy Trails
alle prese con Ennio Morricone - sull'epica western di 10
More Songs. Grande disco. (Fabio Cerbone)