inserito 30/08/2010

Joe Purdy
4th of July
[
Mud Town Crier Records  2010
]



La critica più frequente rivolta a Joe Purdy è che ogni suo album sembra una copia del precedente. Undici album in nove anni realizzati con tanta passione e voglia di raccontare, di far ascoltare le proprie canzoni, di far sentire la propria voce in giro per l'America con la chitarra come unica compagna, nella vera tradizione folk. Lasciò in giovane età il North West Arkansas per la ricca città degli angeli in cerca di fama e successo. L'ottenne in parte grazie a"Wash Away" che fu inserita nella colonna sonora della serie Lost del 2004 (oltre a due brani nella colonna sonora della serie Grey's Anatomy). Ha poi continuato la sua personale strada registrando altri bellissimi dischi (tra cui l'ultimo e intimo Last Clock On the Wall) tutti rigorosamente "homemade" per la sua personale etichetta. E' ora ritornato in Arkansas, nell'America profonda, quella da raccontare e ben lontano da Hollywood, dal maistream e dalla chirurgia estetica. Con 4th of July ha realizzato il suo personale "I See A Darkness" in solitario registrando separatamente e suonando tutti gli strumenti coinvolti, dalla batteria (appresa guardando un video di Levon Helm su You Tube) al basso fino alla lap-steel, facendosi aiutare dalla brava Garrison Starr ai cori.

Le canzoni rimangono dirette e semplici come i personaggi che vivono nei testi delle sue canzoni. Il suo songwriting parla dei problemi della gente comune, di amore, degli attuali tempi di crisi economica, della vita nelle smalltown della provincia americana con grande poesia, passione e sentimento. L'album comincia con la bella Hard Times e già si sente qualcosa di diverso. La voce ha acquisito più profondità con evidenti tratti gospel, quasi soul, con Garrison ad accompagnarlo dando l'impressione che si stia ascoltando un coro invece di un semplice duo. Un pezzo di grande impatto iniziale e uno dei migliori della raccolta. L'attacco di On The Wind è sussurrato con quell'intensa voce avvolta dal suono dell'armonica molto "dylaniana" e con un ritornello che ti lascia senza fiato. Diamond State è puro folk rock con la chitarra elettrica dal riff minimale mentre Homesick Blues è una ballata soffusa e disarmante con un bel assolo di armonica sul finale. La contagiosa marcetta Kerosene ti stupisce al primo assaggio grazie alla dolcezza della sua melodia intessuta dalla chitarra appena accennata e da una sghemba batteria. The Ballplayer è un' altra ballata intrisa di malinconia e tristezza con il suono romantico del piano e Troubadour è un altro capolavoro con una bellissima melodia che ricorda tanto i Kinks come a Bonnie Prince Billy.

L'intermezzo pianistico della corta e intensa Glory anticipa il gran finale di Angelina (che è anche il nome della nave in copertina) un waltz con tanto di armonica e steel guitar e la delicata e romantica title track con quell'andamento malinconico e riflessivo che la fanno diventare una delle più belle canzoni scritte fin qui dal nostro. Un album splendido per vecchi e nuovi fans e senza dubbio il suo migliore. Certo può assomigliare al primo Dylan, ma nulla toglie alla bravura di Joe e alla sua coerenza in tutto ciò che scrive e canta. Un'altra grande prova Joe.
(Emilio Mera)

www.joepurdy.com
www.myspace.com/therevpeytonsbigdamnband



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