Verrà forse spontaneo ritenerla la risposta più calorosa al carattere assai
più disteso del precedente Challengers,
come se quell'opera per molti fosse stata un momento di passaggio, se non un vero
e proprio disco interlocutorio. Non aveva avuto questo effetto sulle pagine di
Rootshighway, tanto da considerarlo personalmente ancora oggi un album coraggioso
dove l'esuberanza pop della band canadese trovava un pertugio per il suono agrodolce
delle sue ballate, dentro un'atmosfera più serena, che non rinnegava affatto le
radici seventies del quintetto. Parliamoci chiaro: i New Pornographers
sono ancora l'anello di congiunzione fra la nobile scuola pop di quel tempo, fra
la solarità californiana, una punta di "eccesso" glam alla David Bowie, persino
il cosiddetto AOR americano e il più attuale universo dell'indie rock, con i suoi
sbalzi di umore e il saper frullare trent'anni e più di stili e influenze.
Di fatto Together rimbomba con più baccano e scampanellii,
legandosi alla prima parte della discografia di AC Newmand e Daniel Bejar (aka
Destroyer nei suoi progetti solisti), coppia di autori che si divide la posta
in gioco chiamando di tanto in tanto in causa il talento vocale di Neko Case,
la musa ammaliante della situazione: da una parte le esplosioni power pop e la
grandeur elettrica di Newman che rivolta arrembanti riff di chitarra e infiniti
orizzonti melodici nella zuccherosa caramella intitolata Moves
piazzata in apertura, dall'altra le cadenze più cristalline e fragili di Bejar,
il quale in Silver Jenny Dollar e
If You Can't See My Mirrors si inventa due piccoli capolavori del
suo catalogo. Avvalendosi da sempre di questa dicotomia e giocando sugli incastri
vocali tra il celestiale e il farsesco i New Pornographers si confermano maestri
della canzone pop di questi anni: acuta, maliziosa, citazionista ma meno che mai
fotocopia o revival di un tempo che non torna.
L'intera prima parte
di Together è una letterale esplosione di colori, oggi arricchita da un parterre
di ospiti che tra Will Sheff (Okkervil River) e la sezione fiati dei Dap Kings
accresce le gradazioni di questo calidoscopio: l'irresistibile fischiettio di
Crash Years, il tuonare rock di
Your Hands (Together), la leggerezza folk che cova fra le note di My
Shepherd (Neko Case che torna sui passi dei suoi dischi solisti?).
Il contrasto affascinante insito in questa band è esattamente fra il suo sgargiante
vestito musicale e l'enigmaticità dei testi e del canto degli stessi Newman e
Bejar: nonostante le apparenze non amano le vie dirette ai loro resoconti amorosi,
eppure anche quando pare di non avere esattamente acciuffato il senso della parola
scritta, ci pensano i contorni della marcetta A Bite
Out of My Bed o il finale fatto di saliscendi vocali, archi e pathos
crescente di We End Up Together ad allineare
tutte le stelle. (Fabio Cerbone)