The
Reverend Peyton's Big Damn Band
The Wages
[Side
One Dummy/ Rude Records 2010]
La ditta del Reverendo Peyton non molla un colpo, diversi i concerti
e le puntuali pubblicazioni. I loro cinque album (compreso l'ep The Gospel Album
) seppur molto simili, sono legati e distinti da una infallibile coerenza. La
ritmica, composta dal washboard della moglie del Reverendo e dalla batteria di
Aaron Persinger (cugino del Reverendo subentrato al fratello Jayme nell'inverno
scorso), ci mette del suo per tenersi sempre in linea con il suono acustico, viscerale
e quadrato condotto da Peyton. Questo The Wages, appena pubblicato,
si è piazzato direttamente al secondo posto della Billboard Blues, un lavoro indubbiamente
non minore a quanto prodotto finora dal giovane trio dell'Indiana. In fondo la
natura genuina di ogni lavoro discografico del Reverendo si lascia sempre ascoltare
con piacere, anche se bisogna attrezzarsi di buoni propositi, e senza mai attendersi
grandi sorprese, mentre in proporzione è possibile ritrovarsi sovente in questa
singolare spinta di energia, tra le scariche intense e vibranti di un fresco country
blues, in una spiritata soluzione ad elevato coinvolgimento (Two
Bottles Of Wine - What Go Around Come Around
- Ft. Wayne Zoo) che si potrebbe definire
punk hillybilly blues dal tiro rudimentale, strizzando l'occhio a RL Burnside
e a J.L.Hooker.
L'esperienza a Clarksdale (Mississippi) con il supporto
di Jimbo Mathus, i numerosi concerti - sono stati tra i protagonisti nel 2006
al Roots and Blues Food Festival e Derek Trucks li ha voluti in tour con lui -
hanno accresciuto la Big Damn Band e tra le curiosità di recente l'impegno del
Rev.Peyton è stato premiato con il titolo onorario di "Kentucky Colonel", onoranza
assegnata in passato a Elvis Presley e Roy Rogers. Il precedente The
Whole Fam Damnily aveva raggiunto il punto più alto dell'espressione
del Reverendo, che si ritrova a riprendere incipit già collaudati (Clap
Your Hands è figlia dell'indimenticabile Can't Pay The Bill del disco
precedente), a rifarsi vivo con le sue adorabili marcette (In
A Holler Over There), magari rafforzando il suono con l'inserimento
dell'armonica (Redbuds), a scuotere la sua
resofonica a colpi di bottleneck (Born Bread Corn Fed,
una sorta di invito a rispettare le proprie radici), peculiare caratteristica
del suono della Big Damn Band insieme alla presenza del percussivo washboard.
Un cenno a parte meritano episodi irresistibili come Everything's
Raising e That Train Song, in cui
la ritmica insistente del trio simula l'andamento del treno. Bisogna continuare
a credere nella costante opera di sensibilizzazione del giovane Reverendo Peyton
(classe 1981), così come lui crede in quello che esprime attraverso il
suo blues, dal gusto agricolo, puro. Questo non è poco e c'è solo da fidarsi. (Antonio Avalle)