Gli anni che vanno dal
1925 al 1939 (proprio prima della 2° guerra mondiale e in mezzo alla grande depressione
del '29) sono stati un periodo di grande fermento e creatività negli Usa che ha
riguardato un po' tutti i generi musicali dal "Prewar folk", al country blues,
dall'hillbilly al gospel, ponendo le basi per tutta la musica popolare americana
a venire. Di questo periodo ci sono sul mercato una miriade di compilation (in
questi anni ristampate in cofanetti di lusso e versioni rimasterizzate) che danno
luce a vecchie registrazioni grazie a veri collezionisti di vecchi 78 giri (quali
Alan Lomax, Harry Smith, Joe Bussard) e al lavoro certosino di varie etichette
(Smithsonian Folkways, Yazoo, Revenant etc.). Ascoltando Morgan O' Keane
sembra di mettere sul piatto un vecchio e gracchiante vinile di qualche autore
di queste compilation PreWar tanto ricche di pathos, passione e cuore. Sarà per
l'ombra della crisi che oggi attanaglia l'economia mondiale, ma è dato di fatto
che ormai da qualche anno giovani Folk Singer riscoprano questi suoni dell'Old
time music. Basterebbe citare Frank Fairfield, Old Man Luedecke, gli Old Crow
Medicine Show, i South Memphis String band etc.
Dalle montagne della
Virginia a Brooklyn passando per la "gavetta" spesa tra il Metro di New York,
la mall del Central Park e Union Square Morgan O' Kane si presenta in compagnia
del suo fido banjo, della sua voce e del suo tamburello (kick pedal ). Un vero
One man band insomma con una voce molto "nera" e roca tra il Mark Lanegan e il
Dave Van Ronk, in alcuni brani si fa accompagnare da fidi collaboratori quali
Ferd Moyse al violino (componente dei grandi Hackensaw Boys), Ezekiel Healy
al dobro, dalla splendida voce di Domino Kirke e al violoncello da Leyla
McCalla o dal più noto Ben Sollee. Nine Lives, disco d'esordio per
Morgan, purtroppo ancora senza contratto, ha un suono povero, molto "sgangherato"
quasi punk a volte, ma ricco di cuore e anima come se si ascoltassero alcune registrazioni
di Charlie Patton, Missisipi John Hurt, di Charlie Poole and the North Carolina
Ramblers. Quindici le tracce presenti iniziando da Time
dove la voce quasi urlata da vero "moaner" ti trascina in uno blues rurale d'altri
tempi, e dalla sporca e ballabile Git Back
dominata dalla purezza del banjo suonato con tanta destrezza e coinvolgimento.
Si prosegue con la mountain ballad Don't ask me why
e con Taluah May che inizia "a cappella" come
un vecchio gospel per trasformarsi in un trascinante Stompin foot blues.
L'immediatezza di Gone e di I'll
calm the Ocean suonate in solitario, confermano la bravura di Morgan
a suonare il banjo. L'indiavolata Wine Man
sembra un country blues del delta accompagnato dalla voce di Domino, una vera
perla ad arricchire la melodia. Domino ha una voce molto evocativa e aiuta il
nostro anche nelle riuscite Nine Lives (commovente
folksong) e in When I come Round. Black
Birds, sconquassante e stradaiola, sembra uscita da qualche cantina
di Brooklyn con il suono del violino ad accompagnare il banjo, Mother,
Glory e Snug Life
hanno un suono acustico e primitivo con chiara attitudine "Do it for Yourself"
alla maniera dei Fugs o degli Holy Modal Rounders. L'opera si conclude in modo
corale con la lunga ballad Sail Away, acustica
e danzereccia. Un album coraggioso e coinvolgente che fa salire la febbre per
l'Old time music. (Emilio Mera)