Quello
che ha finito per rappresentare Charlie Musselwhite per il blues non è
affatto scontato: non sono molti i personaggi che hanno trascorso indenni i lustri
mantenendosi sempre al passo con i tempi, finendo per divenire figure di culto
e al tempo stesso attuali a tutti gli effetti. Quelli come lui, ribadiamo, non
sono molti; personaggi rilassati ma inquieti, gente che sperimenta in continuazione,
con grande coerenza, portando risultati estremamente consistenti, in linea certo
con la tradizione. Hanno suonato con tutti e visto di tutto, intrattenuto corpose
platee come quelle intime dei bar; sono capaci di fare quattro chiacchiere nei
backstage dei blues festival più periferici, non sono mai divenuti rock star,
ma sono rispettai da tutti. Nella fattispecie, ci siamo lasciati coinvolgere da
Charlie Musselwhite fin dall'inizio della sua carriera, da Stand Back e per tutto
il periodo in cui "il colore della pelle contava eccome"; siamo rimasti definitivamente
affascinati da quello che ha fatto negli ultimi dieci quindici anni, con dischi
come Continental Drifter, Sanctuary,
Delta
Hardware, o il mai troppo considerato Darkest Hour, gioiellino acustico.
Charlie occupa una sezione non troppo distaccata dell'arte più pura, con il Tom
Waits di Mule Variations, i Blind Boys che comparvero proprio in Sanctuary, e
tanti altri, in altre parole rientra in quella ristretta cerchia di personaggi
straordinari; ne sa qualcosa il "nostro" Fabrizio Poggi.
The Well
è a suo modo un disco straordinario, all'insegna della sobrietà, che sancisce
il ritorno in grande all'Alligator di uno dei migliori armonicisti di sempre (nonché
eccellente songwriter). Charlie, in compagnia di Dave Gonzales alla chitarra,
John Bazz (Blasters), basso e Stephen Hodges, batteria, gioca con le cose più
classiche e seminali, laddove non basilari, lo splendido shuffle Sad
And Beautiful World (con Mavis Staples) il "chicago" di Clarksdale
Getaway, il racconto personale Cook Country
Jail, il bellissimo lento Good Times
("tutti ci domandiamo qualche volta dove sono finiti i tempi buoni"), per il quale
si cimenta alla chitarra. Eppure si sente costante il tocco dello sperimentatore
puro, quel che di originalità assoluta che non riguarda solo le improbabili posizioni
delle armoniche che usa.
The Well è un disco costruito in gran parte su
storie vissute in prima persona: la voce di Musselwhite in Rambler's
Blues, Dig The Pain, dalle leggere
atmosfere jazzy (complice una liquida chitarra), The Well, in Just
You Just Blues è quanto mai rilassata, eppure, ancora una volta, inquieta.
"Qui stiamo suonando un blues ma non sai quello che ti può capitare", sembra voler
dire. Ti puoi ricavare un intero universo semplicemente tracciando con la matita
una linea verticale lungo la track list: un universo fatto di ramblers, Highway
61, Cadillac che transitano per Clarksdale, cook country jails, hoodoo, voodoo,
tutte vicende che stanno alle porte di Kosciusko; fino alla conclusiva Sorcerer's
Dream, forse il brano più bello del disco. (Roberto Giuli)