inserito 22/03/2010

Pokey LaFarge and The South City Three
Riverboat Soul
[
Free Dirt Records  2010
]



Impossibile non farci caso: una delle direttrici che la roots music di questi anni ha imboccato con fervida partecipazione è l'intero recupero del vecchio campionario dell'old time, un amore a prima vista che ha sempre covato sotto le ceneri, eppure oggi più di prima sembra avere travolto una miriade di piccole, giovani e irriverenti realtà sparse sul territorio americano. Ce ne siamo accorti in tempo, forse persino con un briciolo di ritardo lo ammettiamo, ma al fianco di un risorgimento country blues che soffia forte dalle paludi del Mississippi (basta guardare a tutto quello che ruota intorno alla famiglia Dickinson e al cosidetto "blues delle colline") c'è tutta un'altra progenie di giovani ribelli bianchi che un poco più su, a Nashville e fra le montagne della Virginia e le colline della Carolina, si diverte a rispolverare le jug band, le orchestrine di strada, il country vagabondo di Jimmie Rodgers, con ambientazioni rigorosamente acustiche e immacolate. Pokey Lafarge è un vispo "ragazzino" con un cappello sui tre quarti che se ne esce - al terzo lavoro ma il primo in totale codivisione con The Soul City Three - sull'onda dell'entusiasmo per questi suoni: River Boat Soul è una delle feste d'aia più riuscite dai tempi dell'esordio degli Old Crow Medicine Show, capostipiti del genere e guarda caso coinvolti di striscio anche in questo album.

È infatti il violino di Ketch Secor (uno dei fondatori dei citati OCMS) a stuzzicare di tanto in tanto il suono rurale e vivace della band, partecipando alla sarabanda di Won't Make Love at All, Bag and Bones e al traditional Old Black Dog. Armonica e kazoo fra le labbra, Pokey LaFarge conduce il suo combo in una rivisitazione che non sa di semplice amarcord: i brani sono in gran parte originali, e questo già depone a suo favore, ma l'elemento aggiunto è la capacità di piegare il genere e i suoi luoghi topici alla modernità dei temi affrontati. Dalle montagne e dai fiumi che echeggiano in questa canzoni, LaFarge arriva al suo presente, cantando di amore e morte, universali come sempre e mai fuori moda, in La La Blues, You Don't Want Me, Daffodil Blues. La spinta ritmica di Joey Glynn (contrabasso) e Ryan "Church Mouse" Koenig (percussioni e washboard) non è neppure da mettere in discussione, tanto diventa centrale nella conduzione delle danze. Sentiteli ripassare In the Jailhouse Now di Jimmie Rodgers, che loro dicono di avere appreso dalla versione della leggendaria Memphis Jug Band, oppure capovolgere e tirare per la giacchetta ragtime e country blues ante litteram in Hard Times Come And Go e Migraines and Heartpains

Le scorribande old time della band hanno già conquistato il pubblico inglese e non solo: di ritorno da una acclamata esibizione al Glasgow Ceiltc Connections per Pokey LaFarge si sono spalancate le porte della BBC radio (lo show di Bob Harris) e dell'intero circuito folk europeo, che li richiamerà la prossima estate per un esteso tour: il fascino della vecchia America dispiega ancora le sue ali e fin tanto che ci sarrano saltimbanchi del tenore di Pokey LaFarge e dei suoi The Soul City Three il divertimento non mancherà di sicuro.
(Fabio Cerbone)

www.pokeylafarge.net
www.myspace.com/pokeylafarge



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