inserito 01/06/2010

The Black Keys
Brothers
[
Nonesuch/V2  
2010]



La mossa è a suo modo spiazzante: chi si aspettava - dopo l'audace collaborazione con alcuni dei più importanti nomi dell'hip hop contemporaneo nel progetto Blackroc - una sorta di ulteriore "imbastardimento" della musica dei Black Keys non si sbagliava di certo, nonostante Dan Auerbach e Patrick Carney abbiano fatto un passo avanti per compierne due indietro. Ebbene si, neppure la fugace presenza di Danger Mouse nella confezione del primo singolo estratto, Tighten Up, può in sostanza far ritornare la band dell'Ohio (ormai newyorkesi a tutti gli effetti, con uno studio, l'Easy Eye Sound System, tutto per loro) sui passi di Attack & Release, il disco in cui la ruggine delta blues degli esordi pareva trasfigurarsi in un groviglio di ritmi funk e modernità. Brothers, partendo dalla copertina così "sfacciata", diretta e persino semplicistica, sembra volerci raccontare di un passaggio verso l'anima e l'essenza del songwriting del duo: ecco allora che questo nuovo lavoro ha certamente più a che fare con il recente Dan Auerbach solista di Keep it Hid che non con tutto il resto della loro recente produzione.

È un po' come trovarsi per le mani il disco soul dei Black Keys, senza tema di smentite grondante di quella passione che la band deve avere respirato a pieni polmoni fra le mura degli storici Muscle Shoals in Alabama, là dove l'album è stato concepito e forgiato. La sensazione di essere circondati dalla storia e dal mito ha giocato un bello scherzo ai Black Keys, che hanno assorbito quel clima declinandolo secondo il loro personale linguaggio: il produttore Mark Neill e forse ancora di più l'essenziale lavoro di Tchad Blake in fase di missaggio hanno puntellato con qualche rinforzo l'impalcatura, conservando l'aria umidiccia e il groove sensuale di queste canzoni, che dal falsetto e dal boogie alla T Rex di Everlasting Light agli strali blues psichedelici di Next Girl e She's Long Gone ci racconta di una musica che si è fatta ancora più vischiosa, erotica, passando dal blues ancestrale di Junior Kimbrough degli esordi alla coscienza soul di Curtis Mayfield. Non è un caso dunque che Dan Auerbach e Patrick Carney abbiano scelto di interpretare il classico Never Gonna Give You Up di Jerry Butler, il quale dall'avventura degli Impressions con Mayfield partì in seguito per la sua carriera solista.

Tra le tante meraviglie è la voce calda e tremendamente soulful di Auerbach ad uscire allo scoperto con prepotenza: filtrata, mutata, portata all'acuto o ridotta ai minimi termini, resta comunque un filo conduttore dell'intero Brothers, tanto quanto le contagiose chitarre e i contorni di organo e mellotron che riempiono più che in passato le sfumature e gli anfratti dei Black Keys. Non sarebbero mai spuntati altrimenti autentici gioielli soul quali Too Afraid to Love, I'm Not the One e la conclusiva These Days, malinconie ostentate che in Ten Cent Pistol (splendida per intensità questa storia di gelosia e vendetta) e The Go Getter sembrano invocare il ritorno dello spirito di Bobby Bland, persino flessuose moine del tenore di The Only One, accompagnate sempre e comunque a quel serpeggiare di riff e suoni rigorosamente eccitati ed eccitanti che qui corrispondono ai titoli di Sinister Kid e Howlin' for You. Tornati all'autarchia dopo le tante (forse troppe) collaborazioni i Black Keys hanno reinventato il loro linguaggio conservandone l'anima, non è roba da poco.
(Fabio Cerbone)


www.theblackkeys.com
www.myspace.com/theblackkeys



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