Regola numero uno del buon fuochista: inutile sprecare legna se l'aria è
poca, ci sono fuochi che si spengono per naturale calo d'ossigeno e non c'è nulla
da fare. Regola numero due: non provare nemmeno a soffiare sul fuoco quando è
troppo tardi, si alza solo una fastidiosa nuvola di fumo. Regola numero tre: attenzione
però a spegnere bene le braci, basta un solo soffio di vento, una sola scintilla,
e, quando meno ve lo aspettate, la fiamma riparte. Dave Faulkner, storico leader
degli Hoodoo Gurus, come fuochista non vale evidentemente una cicca. Nel
1996 spinse i suoi Gurus a produrre un disco inutile e sfiatato come Blue Cave,
quando era ormai evidente che il loro tempo era finito. Nel 2004 non si è arreso,
e ha riunito la band per produrre Mach Schau, che suonava più o meno come se gli
AC/DC avessero tentato di scopiazzare i Franz Ferdinand, cioè malissimo. Fortuna
nostra però che abbia infranto pure la terza regola, perché è capitato che un
giorno si sia svegliato con in mente il riff di Crackin
Up, l'abbia subito registrata su un registratore, abbia chiamato il
gruppo per dire "dobbiamo registrare…oggi", e così 8 di queste 16 canzoni sono
nate in una sola session di registrazione.
La scintilla era accesa,
la fiamma è risorta potente come e forse anche più di prima. Lo stesso Faulkner
lo definisce uno dei giorni più belli della sua vita, quello in cui una formazione
che era morta ha trovato, chissà come e chissà perché, il suono perso nel corso
degli anni. La spiegazione è tutta nel titolo, Purity Of Essence,
la purezza di essere semplicemente una rock and roll band, una essenza che non
viene mai meno, neppure quando l'ispirazione cala e la carica non è più quella
dei vent'anni. Faulkner canta con una grinta mai sentita in questi nuovi brani,
tutti riusciti, tutti con l'inconfondibile marchio Hoodoo Gurus nel DNA, se è
vero che proprio Crackin Up rinverdisce la categoria delle perfette power-pop
songs del gruppo (alla I Want You Back o Out That Door), A
Few Home Truths ritrova il giro festaiolo che fu di Good Times,
Burnt Orange e What's In It For Me
riesumano "le invasioni di Marte" a suon di chitarre, e Over
Nothing è una delle loro tipiche dark-ballad con echi da spaghetti
western, una delle più belle azzarderemmo.
E se al primo colpo i "ragazzi"
hanno ritrovato il sound di un tempo (persino le batterie rimbombano come quelle
degli anni 80), al secondo hanno pure trovato la forza di inventare e giocare
con il soul di I Hope You're Happy, il blues
di Ashamed Of Me, il funky-dance tutto ritmo
e fiati di Only In America. Per il resto brani
grezzi ma vincenti come Let Me In ci insegnano
che il rock da garage non si fa con le grandi idee ma con l'energia, che è forse
materia ancora più difficile da trovare oggigiorno. Gloria quindi ai redivivi
Hoodoo Gurus (oltrettutto riesumati nientemeno che da una major come la Sony),
che assieme ai recenti e ugualmente miracolosamente risorti Jason & The Scorchers,
sono tornati dai lontani eighties per dirci che questo rock and roll non è morto.
E dopo questo decennio di rock depresso e sussurrato, forse ce n'era bisogno.
(Nicola Gervasini)