First
Aid Kit
The Big Black & The Blue
[Wichita /Jagadamba 2010]
Quando ci si trova nel lettore un'opera prima di due ragazzine di 16 e 19
anni bisogna sempre fare un paio di fioretti prima di procedere all'ascolto e
dare i conseguenti giudizi (per forza di cose affrettati, ma questo è il nostro
duro mestiere…). Il primo proponimento è quello di non sottovalutare, perché è
vero che nell'adolescenza si fanno mille sciocchezze, ma è pur vero che il rock
nasce giovane, che Steve Winwood ha scritto Gimme Some Lovin' proprio a sedici
anni e che nulla vieti che un simile miracolo possa accadere di nuovo. Il secondo
fioretto invece è "non sopravvalutare", vale a dire non scadere nel "bè dai, per
essere delle sbarbatelle, ci sanno fare". Allora pronti e via, inoltriamoci in
questo fenomeno del 2010 siglato First Aid Kit, proprio come la cassetta
con cerotti e alcool che tenete in ufficio se siete dei fanatici della fu legge
626 oggi 81, combo ristretto formato da due sorelline (Klara e Johanna
Söderberg), innamorate del folk britannico come della mitologia nordica, anche
loro miracolate della rete se è vero che qualche mese fa è bastato che le due
postassero un video su youtube che le vedeva alle prese con una cover dei Fleet
Foxes (Tiger Mountain Peasant Song) per divenire il fenomeno del momento.
Speso il dovuto passaggio dell'EP (Drunken Trees), le due giungono all'esordio
con un discreto bagaglio di esperienza fatto di tour in Europa e Stati Uniti (ma
guardando il lungo e fitto calendario di concerti uno si chiede "ma la piccola
Klara non deve andare a scuola?"), ed effettivamente, al di là delle chiacchiere
da eternauti, in questo The Big Black & The Blue c'è effettivamente
del talento. Fa una certa impressione guardare i due bei video realizzati per
promuovere questo disco (Hard Believer e I
Met Up With The King) e vedere uscire queste voci così piene e mature
da due visi così inesorabilmente da teen-ager, ma la forza delle First Aid Kid
sta proprio in questa incredibile (o sospetta?) maturità di know-how musicale,
perché brani come In The Morning, Waltz
For Richard o Josefin stanno perfettamente
in bilico tra lezioni tradizionali studiate con passione e un certo nu-folk sbarazzino
e alla moda di questi anni.
Come poi sia potuto succedere che un disco
come questo, basato fondamentalmente su due voci, chitarre acustiche arpeggianti
e qualche flauto qua e là, sia potuto diventare qualcosa di "cool" è mistero che
solo il caos della rete può giustificare, sapendo magari che con dischi di ben
altro passo, ma di simile concezione, altre paladine del genere hanno dovuto ravanare
nell'anonimato per anni. Ognuno sia figlio del proprio tempo in ogni caso, le
due ragazze nel loro myspace proclamano la loro totale innocenza urlando "We aim
for the hearts, not the charts!" e queste 11 piccole perle di saggezza non danno
nessun motivo di credere che non sia così. (Nicola Gervasini)