inserito 19/11/2010

Elton John/ Leon Russell
The Union
[Mercury/ Universal
 2010
]



Saranno pure due vecchie cariatidi, con due fra le peggiori acconciature in circolazione nel panorama del rock, e a qualcuno potrebbero pure provocare risentimento quando non fastidio per l'ostentata esagerazione del proprio portamento, però non si può dire che Leon Russell ed Elton John non amino profondamente la musica e non siano due dei migliori pianisti in circolazione. Uno (Russell) è una specie di spirito delle paludi, con gravi problemi di salute alle spalle e le cui fattezze sembrano l'ombra di quelle spavalde mostrate nei tour con Joe Cocker, l'altro è un ultrasessantenne multimilionario, la cui carriera negli ultimi trent'anni sembrava adagiarsi su insulse produzioni pop, che ha ritrovato nel nuovo millennio la voglia e l'ispirazione per tornare a scrivere ed incidere grande musica (l'ultimo The captain and the kid). Per l'occasione, la coppia ha chiamato in cabina di regia T-Bone Burnett, la cui onnipresenza nelle produzioni roots-rock degli ultimi tre o quattro anni è un dato senza precedenti, affidandogli il compito di tirare a lucido le quattordici nuove composizioni (sedici nell'edizione deluxe) preparate per l'occasione della coppia. Tuttavia, e qui veniamo alle note dolenti (non molte, peraltro), il lavoro del chitarrista texano non raggiunge qui i risultati sperati, creando un suono paludoso, con una batteria troppo in primo piano (anche se là dietro ci sta Jim Keltner) e spesso confinando i pianoforti dei due protagonisti in secondo piano, così come i fiati ed i cori, che avrebbero meritato una maggior presenza (c'è anche Marc Ribot alle chitarre, che però si sente pochissimo).

La bontà media delle composizioni però è decisamente alta, supplisce a queste piccole carenze di produzione, conferendo al disco uno spessore decisamente corposo. John e Russell si divertono un mondo nel ripescare tutte quelle atmosfere che hanno contribuito a renderli grandi: il gospel, il country, le atmosfere in stile Big Pink, la musica della Crescent City, una spruzzata di rock and roll e una buona dose di ballate meditabonde. I due, oltre a duettare al pianoforte, si scambiano anche le parti vocali (la voce di Russell è un po' impastata e porta irrimediabilmente i segni dell'età ma rimane molto fascinosa, mentre quella di Elton si è fatta con gli anni più scura ma non meno incisiva), lasciandosi trascinare in ritmi contagiosi come in Monkey Man, rockenrollistica il giusto, o Hey ahab, gonfia di alcool e fango di palude. Il meglio, però, viene dalle ballate, tinte di gospel (There's no tomorrow, In the hands of the angels), di country (Jimmie Rodgers' dream) ma anche di song anni '40 (When love is dying), attraverso le quali la coppia sembra impegnata nel recupero integrale delle radici della musica americana, un po', con le dovute proporzioni, come faceva la Band quarant'anni fa.

E non è un caso che il brano che più rappresenta The Union sia Gone to Shiloh, nella quale a un certo punto spunta fuori anche la voce di un Neil Young, poche volte così ispirato negli ultimi quindici anni e dove a un certo punto pare materializzarsi l'immagine di Richard Manuel, che sicuramente, da lassù avrà guardato (ed ascoltato...) con aria soddisfatta quei due vecchietti seduti davanti al proprio pianoforte. Insomma, un disco che si potrebbe definire "di memoria", che tuttavia non ha nulla di stantio ma anzi, sembra riportare la mente ad un'America che non c'è più, lasciando una grande nostalgia ma anche la speranza che di cose come questa ne escano sempre più spesso.
(Gabriele Gatto)

www.eltonjohn.com



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