Ci era scappato di mano questo North Hills debutto dei californiani
Dawes uscito l'anno passato. In effetti, curiosando tra le tante novità
nel record store locale mi era capitato questo cd dalla copertina (raffigurante
quattro ragazzi ritratti a carboncino) che non invogliava certo all'acquisto e
pensando che fosse l'ennesima compilation dei Take That, ho lasciato perdere.
Mai fidarsi delle covers visto che poi ho sentito la loro esibizione al Newport
Folk Festival di quest'anno (la tovate qui: www.npr.org)
ed è stato amore a prima vista. Gemme folk pop con contagiose melodie che ti si
appiccicano alla pelle, chitarre acustiche, voce soul stratificata da organo e
backing vocals e quella somiglianza al suono californiano figlio della Band e
di CSN. La semplicità delle composizioni e la voce del leader e cantante Taylor
Goldsmith (anche al piano e autore delle canzoni) sospesa tra malinconia e
soul, infondono tanta serenità e voglia di vivere. Gli altri membri sono il fratello
di Taylor, Griffen alla batteria, Wylie Gelber al basso, e Tam Visher alle chitarre
e organo. Prodotto dall'esperto Jonathan Wilson (Elvis Costello, Rilo Kiley) l'esordio
dei Dawes ha quel suono che ricorda tanto il vibe di After The Gold Rush e il
suono californiano del Laurel Canyon, evidenziando una maturità già raggiunta
nonostante la loro tenera età (il batterista è appena diciottenne).
Le
undici composizioni ispirano paesaggi naturali, deserti, orizzonti con tramonti
in piena highway solitaria. L'open track, The Western
Skyline, trasmette proprio queste sensazioni con quell'organo in sottofondo
e le armonie vocali bagnate di dolce malinconia. La gentile semplicità del singolo
Love Is All I Am ruota intorno al cantato
di Talylor, all'organo e al piano, mentre l'acustica e sognante Give
Me Time sembra uscita dalla penna di Neil Young. Prendetevi una pausa
e sedetevi ad ascoltare la trascinante When You Call
My Name, il brano più riuscito della raccolta o lasciatevi immergere
dal drumming di When My Time Comes che evoca
il ricordo degli anni d'oro del californian sound dei primi '70. Il freewheling
alla Easy Rider e lo spirito vagabondo figlio di Jack Kerouac si respirano in
God Rest My Soul con quel piano martellante
e in Take Me Out of The City che ti trasporta
fuori dalla città, nel vicino deserto con quell'organo così ricco di colori che
sembra quello di Richard Manuel mentre Bedside Manner e My Girl To Me sono due
cavalcate dalle forte suggestioni sixty.
La sofferta Let
Me Be Your Anchor ha radici nel gospel grazie alla voce di Taylor e
spiana la strada alla conclusiva e psichedelica Peace
In The Valley con tanto di chitarre distorte accompagnate dall'immancabile
piano e organo. E sembra di tornare all'era del Monterey Pop Festival. La musica
de Dawes è "Americana dell'anima"; può passare inosservata o considerata un mero
passatempo per le code in macchina o per mero sottofondo durante il lavoro, ma
ad un attento ascolto, può essere molto di più: ispirazione, energia ed un valido
amico. Mi auguro che diventino il nuovo fenomeno del "Beard Folk" al pari dei
Fleet Foxes. (Emilio Mera)