American
Aquarium Small Town Hymns
[Last
Chance Records 2010]
Un disco che si apre con una minacciosa tempesta in arrivo sulla Carolina
(Hurricane) e si chiude su due corpi che si
spogliano in una sporca stanza di un motel (Hard to Quit)
ha qualcosa da raccontare, indipendentemente dalla sua originalità. American
Aquarium è infatti la denominiazione sotto cui si cela il songwriting tormentato
di BJ Barham, autore ancora indeciso forse se esporsi in prima persona
oppure cercare di annullarsi dentro una rock'n'roll band. Di fatto Small
Town Hymns è un disco che evidenzia questa dualità, a volte soffrendone,
attratto per una parte da una scrittura acustica e scarna, da autentico storyteller
di provincia, per un'altra invece propenso a farsi guidare da un ruvido roots
rock figlio dei tanti eroi che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. Come
non restare peraltro invischiati in questa tradizione per una band che proviene
dal North Carolina, che è stata prodotta in passato da Chris Stamey (sono già
cinque gli album a partire dal 2006, nonostante il nostro colpevole ritardo nel
rendervene conto) e che oggi vede collaborare in studio Caitlin Cary ai cori.
L'ombra dei Whiskeytown (di cui la Cary fece parte come alter ego di Ryan
Adams) si allunga naturalmente, mentre BJ Barham e soci non fanno molto per disconoscere
la loro scorza di cantori della periferia americana, quella popolata da storie
di fughe dal nulla (in Nothing To Lose cantano
"Come on baby, take my hand, we're heading off to the promised land" e siamo già
dentro un film), di città senza speranza (Reidsville),
di amori spezzati e senza una via di uscita (Meredith),
di figli che scrivono lettere accorate ai padri e alla famiglia (Water
In The Well), magari dal fronte della guerra (Brother,
Oh Brother). L'immaginario è segnato e sembra inserirsi nello stesso
solco che abbiamo imparato a riconoscere fra le liriche e la musica di gente come
Drive By Truckers e Lucero: nel caso degli American Aquarium il suono si fa però
più dolce e malinconico, più squisitamente alternative country per la presenza
della steel di Whit Wright e il piano di Zack Brown negli episodi full band.
La
stessa Hurricane disegna il paesaggio di Small
Town Hymns (titolo mai così esplicativo), anticipado un viaggio che avrà le sue
rare bizze di elettricità nella sudista Nothing to Lose
(organo e slide guitar sbilanciano leggermente l'anima della band), ma di fatto
prediligerà i toni chiaroscuri, la nostalgia congenita di queste formazioni, la
quale negli American Aquarium assume la forma di Coffee
& Cigarettes, di una Rattlesnake
che prende la strada della marcetta country rurale con il twangin' pressante delle
chitarre di Ryan Johnson, fino a sfiorare l'heartland rock di Gone
Long Gone, un hammond in lontananza per una ballata elettrica che non
alza mai la voce e si strugge fra le parole di rimorso e abbandono intonate da
BJ Barham. Per chi nutre una predilezione verso il lato più inquieto e elegiaco
del genere, gli American Aquarium sono una promessa (o forse meglio una realtà
fin qui ignorata, visto il loro curriculum) di quel interminabile sottobosco americano
chiamato rock delle radici. (Fabio Cerbone)