inserito 23/02/2009

The Derek Trucks Band
Already Free
[
Victor/ Sony  
2009]



Alleluia, e viva la famiglia. Aspettate un attimo, non è un sussulto di clericalismo ratzingeriano o una conversione iper-cattolica di quelle ultimamente tanto di moda nello stivale; voglio però dire che l'atmosfera familiare e casalinga, rilassata e downhome che si respira in questo Already Free è qualcosa di assolutamente irresistibile. Senza nulla togliere ai precedenti lavori della Derek Trucks Band, l'organicità di Already Free, che i critici col naso arricciato hanno già tradotto come "prevedibilità", rappresenta certamente ciò che di meglio il biondocrinito Trucks ha sino ad oggi saputo assemblare in un singolo disco. Non un tradimento delle suggestioni etnografiche dei passati lavori, sia detto per inciso, bensì una dimostrazione pratica, coerente, intima e collettiva, ruggente e affettuosa al tempo stesso, della possibilità di seguire "le vie dei canti" anche dalla veranda di casa propria, nella consapevolezza che il Bruce Chatwin interiore di ciascuno di noi, per trovare il compimento del proprio viaggio, deve prima o poi accettare il ritorno alle origini e il personale confronto con le radici.

Del resto, il rientro è tappa imprescindibile di ogni fuga: lo sa bene Trucks, che guarda caso ne canta - cosa rara - nelle liriche di Maybe This Time, e lo sa Ashley Kahn (il giornalista dei meravigliosi A Love Supreme e Kind Of Blue da noi pubblicati per i tipi del Saggiatore, nientemeno), che dopo aver magnificato le caratteristiche di una musica definita environment, un ambiente ("aperto, dove è facile intrufolarsi"), conclude le sue dotte liner-notes con un perentorio "welcome home". La casa, l'ambiente, la familiarità create da Trucks sono quelle apprese in quasi dieci anni di collaborazione con gli Allman Brothers, in diversi percorsi di ricerca spirituale, in un matrimonio (con Susan Tedeschi, qui voce regina del capolavoro Back Where I Started, scritto a quattro mani da Trucks e dal "mulo" Warren Haynes: 5' di sublime introspezione acustica memore della prima Bonnie Raitt) all'insegna dell'amore per la musica e della sublimazione dello stesso sul palcoscenico. Impossibile non avvertire tutto questo nel Bob Dylan scaraventato nella fanghiglia swampy di Down In The Flood (stava sui "nastri della cantina", ricordate?), nelle chitarre e nelle percussioni che costruiscono il boogie sfrigolante di Get What You Deserve, nello spumeggiante soul sessantesco, sudista e gospel di Sweet Inspiration (composta da Dan Penn e Spooner Oldham per gli stessi Sweet Inspirations nel '68, ma l'hanno rifatta anche Santana, maluccio, e Rita Coolidge, deliziosamente), nello sconquassante blues elettrico della straordinaria Don't Miss Me, nel travolgente drive funky di Something To Make You Happy.

Ma al di là delle pur bellissime canzoni singole (c'è anche uno strumentale nascosto, Swamp Raga), il più grande pregio di Already Free, come detto, risiede nel clima accogliente che lo governa. Se c'è chi soffre di una sindrome "nimby" (not in my backyard, non nel mio cortile), sappia che in questo disco le benedette chitarre di Derek Trucks, il basso di Todd Smallie, le percussioni di Count M'Butu, il drumming di Yonrico Scott, le tastiere di Kofi Burbridge (B3 caldissimo e avvolgente nell'errebì di una I Know desunta da Big Maybelle) e la voce ruvida di Mike Mattison formulano un invito inderogabile a contaminarli, i cortili, e ad abbatterne le recinzioni a colpi di grande musica. Unitevi alla celebrazione.
(Gianfranco Callieri)

www.derektrucks.com
www.victor-records.com


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