A qualche mese di distanza dall'originaria uscita indipendente, è ancora
una volta la tedesca Blue Rose, paladina di una certa conservazione roots
rock, a recuperare dal mucchio delle pubblicazioni Amerucana il secondo
lavoro dei Sons of Bill, band a conduzione familiare in cui tre
ragazzi cresciuti a dosi massicce di old time music e country grazie alle
lezioni del padre, si sono inventati la loro personale rock'n'roll band.
Stiamo parlando dei tre fratelli Wilson - Sam, James e Abe - che dalla
nativa Virginia hanno macinato miglia ed esperienze, prima in conto proprio,
quindi ritrovandosi intorno ad una passione comune. Al resto ci ha pensato
l'esordio A
Far Cry from Freedom, passato velocemente anche per queste
lande informatiche, nonché i tour di spalla per Robert Earl Keen e Robert
Randolph. Loro, così disorientati da sembrare una band sudista con qualche
complicazione alternative country, certamente non il prodotto del suono
strettamente folk ascoltato in casa con il padre, devono essersi sentiti
un po' fuori luogo.
La faccenda oggi si è ulteriormente "complicata", perchè i Sons
of Bill sono volati in California in cerca del loro eldorado: lo hanno
trovato probabilmente nella persona di Jim Scott, uno dei migliori
ingegneri del suono e produttori che abbiano bazzicato il rock delle radici
in questi ultimi vent'anni (dal Tom Perty di Wildflowers ai Whiskeytown
di Strangers Almanac, solo per citare i più clamorosi, la lista è lunga
e impeccabile). Nasce così One Town Away, dieci giorni di
lavorazione cesellando chitarre (c'è anche la steel di Greg
Leisz) e melodie con l'intenzione di compiere il salto di qualità
rispetto alle promesse del precedente A far Cry from Freedom, disco più
artigianale e vibrante di sensazioni country rock provinciali. Che i suoni
si siano fatti più adulti, pieni e precisi non vi è dubbio, ma non pare
proprio che i Sons of Bill abbiano trovato canzoni memorabili, in grado
insomma di distinguerli nella grande ondata di produzioni Americana che
ci investono ogni mese.
A questo giro l'ago della bilancia sembra pendere verso un country rock
dal passo più epico, che ha il respiro di certo "Red Dirt" texano:
The Rain, Going
Home e Rock and Roll potrebbero
finire nel reperotorio dei Cross Canadian Ragweed, con meno carattere
si intende, mentre la title track, Never Saw
It Coming e Western Skies dispiegano
ballate da grandi spazi, di tanto in tanto scomodando una dolce malinconia
(Charleston) che pare il leit motiv
interpretativo di James Wilson, principale voce solista. Fatta
salva la rotondità dei suoni e lo squillare delle chitarre (in So
Much For The Blues sembra di sentire l'attacco di Listen to
her Heart di Tom Petty) restano tuttavia una manciata di canzoni medie
e tanta buona volontà: il produttore da solo non basta e di miracoli questa
volta non se ne vedono all'orizzonte.
(Fabio Cerbone)