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Danny
Schmidt
Instead the Forest Rose to Sing
[Red
Hosue 2009]
C'è della poesia fin
dal titolo, Instead the Forest Rose to Sing, e un pizzico
di mistero nella copertina personalmente curata da Danny Schmidt,
un folksinger texano che ha compiuto il salto di qualità affermandosi
al prestigioso festival di Kerville. Da allora, dopo un'accoppiata di
lavori indipendenti, è arrivato l'approdo in casa Red Hosue, sigillo di
garanzia che colloca il folk rock d'autore di Schmidt lungo una precisa
direzione artistica, la stessa che in tempi recenti ha portato in dono
nuovi talenti quali Jeffrey Foucault e ha mantenuto i legami con un mondo
di songwriter che guardano prima di tutto alle parole e ai dettagli di
una chitarra acustica. Per qualcuno Schmidt potrebbe persino essere "il
Greg Brown della sua generazione", ma esagerazioni a parte e messe le
giuste distanze fra storie e stili troppo differenti, restano dieci canzoni
che sono comunque la fotografia di un texano atipico.
Nascono ad Austin infatti - grazie alla produzione parsimoniosa di Mark
Hallman (onnipresente in sessione con mandolino, slide guitar, piano,
organo e percussioni) - queste ballate agganciate al treno delle radici
ma mai eccessivamente rivoltate nella polvere del West: ecco perché in
un istante potreste scambiare Schmidt per un delicato menestrello da East
Coast e coffee houses, con i suoi tratti confessionali e molto poetici
(The Night's Beginning to Shine),
e in quello successivo per uno storyteller di razza che solleva la terra
in cerca di qualche personaggio o leggenda da narrare (Grandpa
Built Bridges). Instead the Forest Rose to Sing abbraccia entrambe
le soluzioni e offre un ciclo di canzoni fra loro legate da un tema unico:
il rapporto dell'uomo con il denaro e le conseguenze che tutto ciò comporta
sull'anima e la libertà di ciascuno. Un viaggio che si sviluppa attraverso
osservazioni profonde e vividi quadretti, spaziando da un folk blues canonico
(Better Off Broke) ad una ballata
colma di tensione, che balla lungo il border (Southland
Street e quell'accordion che ci riporta verso i luoghi calpestati
da Tom Russell), sfiora lo swing bluesy di Two
Timing Ban Robber's Lament (efficacissima l'armonica di George
Carver) e infine accentua la malinconia dell'autore nei tratti rock possenti
di Serpentine Cycle of Money, con
la seconda voce della collega Carrie Elkin.
È dunque un disco più sottile e complesso del previsto Instead the Forest
Rose to Sing, pur in tutta la sua fedeltà ai canoni del genere (da Firestorm
a Oh Bally Ho non ci si può sbagliare),
il frutto di un autore che ha vissuto sulla sua pelle una autentica odissea
vista dalla strada, libero di sviluppare un collettivo di musicisti in
Charlottesville, persino di vivere in una comune, ma soprattutto di sconfiggere
un cancro senza uno straccio di assicurazione sanitaria, soltanto grazie
ai proventi della sua musica e solo allora di fare ritorno ad Austin con
un conto aperto da riscuotere. Giudicando dalla cristallina cura con cui
si sviluppano le sue composizioni, anche dai toni drammatici che riescono
a sfiorare (Accidentally Daisies e
l'intera sezione d'archi al seguito), Danny Schmidt possiede la naturalezza
e la sincerità di chi sa porsi con le sue canzoni fuori del tempo.
(Fabio Cerbone)
www.dannyschmidt.com
www.redhouserecords.com
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