Tom
Russell
Blood and Candle Smoke
[Shout!
Factory
2009]
Definiti dallo stesso Tom Russell quali "series of dreams", i dodici
episodi del nuovo Blood and Candle Smoke si sviluppano come
altrettante "visioni americane", portando al vertice la poetica
di un songwriter da sempre amato per la sua ricca cifra letterarria, la
curiosità e la ricerca applicata all'enorme patrimonio di culture e tradizioni
degli States e non solo. In tal senso l'esordio in casa Shout! Factory
- dopo avere concluso un percorso discografico più che decennale con l'estinta
Hightone - appare davvero una rinascita attesa troppo a lungo, l'istantanea
di un artista per nulla sazio delle proprie conquiste, ancora desideroso
di mettersi in gioco con nuovi musicisti, in fondo affini al suo universo.
Così è nata infatti la fertile collaborazione in quel di Tucson con Joey
Burns e John Convertino dei Calexico, i quali insieme al produttore
Craig Schumacher hanno forgiato il suono più naturale possibile per queste
ballate, senza alterare minimamente la voce del protagonista.
A vincere è dunque Tom Russell, sono le sue storie e quel folk rock epico,
intriso di sapori country&western ed echi tex-mex, che da diverse stagioni
ormai segna il suo personale cammino musicale. Qui però sono abbandonate
le pretese troppo altezzose di Hotwalker, la confusione e il ripetersi
stanco che affiorava nelle opere più recenti, fino al progetto un po'
futile e auto-celebrativo di Wounded Heart of America. Blood and Candle
Smoke fa ritorno alla terra, ai personaggi, ad una sequenza per l'appunto
di sogni che Russell ha dispiegato con maestria, trovando un suono denso
e spirituale, in grado di esaltare la vocalità profonda, declamatoria
di uno storyteller troppo spesso relegato al ruolo di artista per artisti.
Oggi più che mai il flirt artistico con i Calexico potrà forse servirgli
come testa di ponte per snidare un pubblico all'oscuro del suo talento.
C'è da augurarselo alla luce di abbaglianti sventagliate lungo il border
che portano il nome di East of Woodstock, West
of Vietnam - ricordo di un lontano 1969 in cui Tom, giovane
studente di criminologia, girava il continente africano lontano dagli
incubi della sua madre patria - Santa Ana Wind
e Crosses of San Carlos, canzoni che
si muovono fra ombre personali (cenni autobiografici che ritornano ad
esempio in Criminology), appunti di
viaggio e citazioni storiche di grande efficacia descrittiva.
La tromba di Jacob Valenzuela, altro uomo dei Calexico, è un elemento
chiave tanto quanto la seconda voce di Gretchen Peters, titolare
di un recente album acustico con lo stesso Tom Russell. Creano le sfumature
indispensabili dentro cui Blood and Candle Smoke può svelare i suoi capitoli,
in apparenza disparati, sconnessi proprio come dovrebbe essere un sogno,
lasciati fluire seguendo una corrente inerrastabile di emozioni: ecco
dunque una accorata dedica a Nina Simone,
ballata languida e dolcissima, quindi una sconclusionata ricostruzione
storica in Mississippi River Runnin' Backwards,
altro lucente walzer condotto per mano dall'intonazione della tromba,
e ancora una The Most Dangerous Woman in America
che tocca il sangue della gente e le lotte sindacali dei minatori
attraverso gli occhi di una donna fiera e battagliera, per approdare infine
al rintocco solenne di Don't Look Down
e alla grazia religiosa di Guadalupe,
estensioni di un amore da sempre dichiarato per il Messico, la sua gente
e il suo folklore. C'è tuttavia un angolo di America che spegne le luci
su questo ciclo di canzoni, e mai definizione fu più appropriata: American
Rivers è per tutti i fiumi che scorrono e lambiscono le città
americane, per le radici e le culture che si incrociano lungo quelle sponde,
in attesa che il viaggio arrivi al termine in Darkness
Visible, un circo che chiude, un amore romantico e impossiile,
un uomo che fa ritorno a casa dopo avere visto e conosciuto molto, come
Tom Russell. (Fabio Cerbone)