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Tom
Rush
What I Know
[Appleseed
2009]
Non capita spesso che un vecchio amico bussi di nuovo alla porta del tempo
dopo tanti anni, anche se di passaggio il soffio del ricordo non si era
mai affievolito. Tom Rush non faceva un disco in studio da una
vita, per la precisione dal 1974, anno di Ladies Love Outlaws, quasi da
non credere. Sul lungo percorso che conduce fino ai nostri giorni restano
ammonticchiate molte raccolte, altrettanti dischi dal vivo, progetti e
sensazioni che prendono forma, ma mai un album vero e proprio, che giunge
in un certo senso inaspettato. Per chi bazzica da queste parti il nome
di Tom Rush non ha certo bisogno di rispondere all'appello, per il lettore
occasionale è bene invece precisare che ci troviamo di fronte a un maestro,
un artista che ha contribuito a delineare le coordinate del folk revival
dei sessanta per poi stabilire la rotta di una corrente, quella del cantautorato
che proprio da quegli anni trae la sua linfa vitale.
Uno di quei rari casi in cui non si può menzionare la tradizione, perché
perfettamente rappresentata, basta recuperare un paio di dischi del periodo
di massimo splendore, Take A Little Walk With Me e The Circle Game - entrambi
targati Elektra - per rendersene conto. Grande voce, carisma da primo
della classe, ironia e notevole abilità con la sei corde sono qualità
che solo i grandi possono permettersi, anche se non hanno il conto in
banca di tanti colleghi più fortunati. What I Know non è
un ritorno nostalgico, né un'operazione mediatica per riconsegnare un
po' di vitalità da classifica al suo nome, Rush non ne ha bisogno e sa
benissimo che il disco non contribuirà certamente a rinverdire i fasti
del periodo che fu. Questa nuova fatica è semplicemente un grande disco
da parte di un artista maturo, romantico, innamorato, lucido e sincero,
che lascia alle spalle l'effervescenza blues per accostarsi a un folk
introspettivo, guardando la vita da un gradino più alto dell'esperienza.
Non c'è disillusione, solo l'anima di un uomo che attraverso quindici
brani (dieci cover e cinque di suo pugno) riflette sull'esistenza e comprime
l'emozione attraverso il filtro del tempo.
Produce Jim Rooney, una garanzia, il suono è ricco ma dosato al
semitono, dove violino, chitarre, piano e organo si intersecano perfettamente
lasciando spazio alla voce e all'espressività di un titano della musica
ancora in forma smagliante. Se le composizioni dello stesso Rush rimandano
a un passato che non muore - il delizioso uptempo Hot
Tonight, il rock dipinto di blues che palpita in One
Good Man, oppure la bella ballata River
Song, già presente nell'antologia No Regrets - le cover ci
fanno riscoprire un grande interprete in grado di personalizzare un materiale
variegato, assecondandolo al proprio istinto. È sufficiente citare un
brano su tutti, Too Many Memories,
una ballata da pelle d'oca eseguita con Emmylou Harris che non
ha bisogno di descrizione, solo di un invito ad ascoltarla. Tra gli altri,
tutti degni di nota, segnalo East Of Eden
(Jack Tempchin), All A Man Can Do (Richard
Dean), Fall Into The Night (Eliza
Gilkyson), Casey Jones (un traditional
riarrangiato ed eseguito insieme a Nanci Griffith), You're
Not Here With Me, What An Old Lover
Knows, la straordinaria No One Else
But You e la finale Drift Away
(il brano di Mentor Williams già portato al successo da Rod Stewart).
Disco straordinario, consigliatissimo a chi ama il genere e non solo.
(David Nieri)
www.tomrush.com
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