E' interessante notare come da un side project interno agli ultimi anni
degli Allman Brothers sia nata una delle due rock'n'roll band ancora in
grado di reggere i "southern accents" di una musica capace di guardare
il mondo in tutte le direzioni, a partire dal blues per finire con l'improvvisazione.
L'altro gruppo sono i rinati Black Crowes (nel caso bisognasse ricordarlo)
che, a parte l'orgine sudista, hanno molto in comune con il corso più
recente dei Gov't Mule. E' la stessa a capacità di variare verso
le radici del rock'n'roll, siano essere folkie (quel fantastico gioiello
che è Railroad Boy o l'inizio acustico
di Gordon James, un'altra ottima ballata,
e ancora Forever More) o rhythm and
blues (l'altrettanto bellissima Frozen Fear)
coltivando nel frattempo groove in levare che riportano ai Caraibi, deviazioni
psichedeliche di otto minuti (l'acida e suggestiva Monday
Mourning Meltdown dove spiccano le tastiere di Danny Louis
e la contorta Scenes From A Troubled Mind)
senza perdere un grammo nella durezza di un sound monolitico e possente
(e qui ha contribuito non poco l'arrivo di Jorgen Carlsson al basso)
in questo disco più granitico che mai.
Perché è vero che i Gov't Mule non concedono proprio nulla e non vanno
mai in cerca di un facile consenso o dell'applauso immediato. Il massimo
che possono concedere nella ricerca di un hit è il ritornello di Steppin'
Lightly, che boccheggia incastrato tra un riff di pura elettricità
e viene bruciato nel bel mezzo della canzone da una bella tirata (che
vien poi ripresa alla fine) di Warren Haynes, in questo disco,
sarà per gli anniversari dell'anno scorso (Electric Ladyland, 1968) o
più recenti (Woodstock, 1969), particolarmente portato a inseguire i fantasmi
hendrixiani. Quando le sue Gibson e la poliedrica batteria di Matt Abs
vanno in parallelo non c'è storia e i Gov't Mule sono un rullo compressore
pericoloso, perché pur con il dovuto il rispetto dell'heavy metal di tutto
il mondo, suonano durissimi ma sempre con quell'accento di swing che è
poi la loro arma segreta. Any Open Window,
Inside Outside Woman Blues #3 e Broke
Down On The Brazos sono i Gov't Mule al 100%, nella versione
più ispirata da Life Before Insanity ad oggi e forse vale la pena di spendere
ancora qualche parola per l'inizio e la fine (sorprendente) di By
A Thread.
La partenza è al fulmicotone e non potrebbe essere diversamente: Broke
Down On The Brazos comincia come una Thorazine Shuffle rivista e aggiornata
dopo, poinbisogna aspettare gli ultimi due minuti (su più di sei) perché
venga concesso l'epidermico piacere dell'intrecciarsi delle chitarre di
Warren Haynes e di un Billy Gibbons particolarmente ispirato e
si sente già che la canzone potrebbe sfociare in una jam in un qualsiasi
prossimo show. Fin qui, ma è solo l'inizio di By A Thread, niente di nuovo,
però dopo averlo attraversato (impresa che lascia più di un segno sui
timpani) si arriva agli ultimi cinque minuti finale (per un totale di
oltre un'ora) e si viene catapultati in una specie di macchina del tempo
che si fa un frullato postmoderno dell'intero Stg. Pepper (a proposito
di ricorrenze) e tira fuori una canzone maestosa e inarrivabile, World
Wake Up, che se l'avessero fatta gli Smashing Pumpkins dieci
anni fa sarebbe venuto giù il mondo. Dato che la suonano i Gov't Mule,
che sono (solo?) quattro "southern gentlemen", è tutta nostra. E visto
che di quello stiamo parlando, che il mondo si svegli da solo, a scoprire
dove sta la musica vera. (Marco Denti)