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Jason
Lytle
Yours Truly, The Commuter
[Anti/ Self 2009]
"Esagera l'essenziale e lascia l'ovvio nel vago". La frase è di Vincent
Van Gogh, ma Jason Lytle se l'è scritta con un pennarello su un
foglietto e appesa nel suo studio di registrazione in Montana. Una regola
d'oro per ogni attimo della gestazione di questo suo primo album solista,
disco assolutamente da non sbagliare, visto che il mondo del rock alternativo
era pronto a fargli la pelle se non fosse valsa la pena di dismettere
quell'oliato meccanismo indie che sono stati i suoi Grandaddy. Lytle risponde
direttamente alle aspettative intitolando il disco Yours Truly,
The Commuter (letteralmente "Sinceramente vostro, il pendolare"),
come dire che si rende conto che la sua solitaria reclusione nello chalet
di montagna mostrato nel libretto del cd è un viaggio che avrà un ritorno,
esattamente come alla sera tornano a casa i pendolari dal lavoro, ma che
comunque il trasloco gli era quanto mai necessario.
Lytle qui esagera davvero l'essenziale, presenta dodici brani che fanno
di fragilità virtù e li ammanta con suoni di sintetizzatori ed echi sintetici
maestosi e teatrali, quasi da grandeur del progressive inglese di un tempo.
Prima di poter citare i King Crimson dell'esordio bisognerebbe passare
attraverso anni di esperienze di intimo folk sperimentale alla Sparklehorse,
ma qui il gioco dei rimandi non funzionerebbe comunque, lo stile di Lytle
è ormai talmente inconfondibile che fa si che la sua opera solista suoni
ne più ne meno come un disco dei Grandaddy. Un paradosso non da poco per
un disco che non nasconde affatto lo spettro della vecchia band neanche
nei testi, risolvendosi in una sorta di concept sulla fine di un era e
sulle incolmabili crepe nei rapporti che portano a qualsiasi tipo di rottura,
un disagio evidente nelle splendide Brand New
Sun, Rollin'Home Alone
e I Am Lost (And the Moment Cannot Last),
titoli che da soli bastano a rendere l'idea della desolazione umana in
cui si naviga in queste note. Lytle è stato davvero bravo a rispettare
anche la seconda parte del dogma vangoghiano, lasciando nel vago strutture
ovvie come quelle di It's The Weekend,
non definendo troppo piccoli e semplici valzer al piano come This
Song Is The Mute Button o non scivolando troppo nell'atmosfera
da salotto quando azzarda uno strumentale d'ambiente come Furget
It.
Prendete a simbolo del disco Ghost Of My Old
Dog, un brano dedicato ai cagnolini avuti nella propria infanzia,
persi nel tempo esattamente come la propria innocenza, lamento triste
ma cadenzato da una base da alternative-rock d'altri tempi, con chitarre
elettriche ipnotizzanti e ossessive, e quel suo canto/sussurro che suona
quasi come le tante tastiere utilizzate nel disco. Lytle ha fatto tutto
da solo nel suo rifugio di montagna, quasi a tentare il piccolo miracolo
riuscito a Bon Iver in condizioni simili: forse Yours Truly, The
Commuter farà meno rumore di For Emma, Forever Ago, ma sicuramente
è stato in grado di toccare gli stessi bassifondi dell'anima con pari
efficacia.
(Nicola Gervasini)
www.jasonlytle.com
www.myspace.com/jasonlytle
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