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Ben
Kweller
Changing Horses
[ATO/
Audioglobe 2009]
Da libero guastatore della melodia pop, Ben Kweller si inventa
un viaggio nella polvere della country music, tornando idealmente alle
sue stesse radici familiari, nato e cresciuto dalle parti di Greenville,
Texas. Changing Horses è una piccola sorpresa - per
chi lo aveva classificato fra i più vivaci popster dell'ultima
generazione - in ogni suo minimo dettaglio: dalla copertina in stile western
ai titoli di alcune canzoni - da Gipsy Rose ad Old Hat, da Sawdust Man
a Ballad of Wendy Walker si gioca molto con la mitologia del genere -
finendo naturalmente al sound dell'intero disco, un country rock sonnecchioso
e cristallino che recupera fragranze da outlaw anni settanta ed echi lontani
della verde California post-hippie. Il risultato non piacerà affatto
a chi, sulla scorta dei precedenti On my Way e Ben Kweller e delle collaborazioni
con Ethan Johns e Gil Norton, lo aveva incamerato in un rock'n'roll dal
taglio frizzante e "indie", che rubacchiava nelle anticaglie
della British invasion.
In fondo sempre di revival si tratta, perchè nonostante le indubbie
capacità melodiche, il gusto per il ritornello vincente e il dono
della semplicità, il piccolo ragazzo prodigio (ha debuttato con
i Radish a sedici anni, è diventato solista a diciannove) continua
a frugare nel passato: questa volta ha i colori di un tramondo country&western,
marchiato a fuoco dalla pedal steel e dal dobro di Kitt Kitterman,
elemento chiave aggiunto al terzetto di base con i tamburi di Mark Stepro
e il basso di Chris Morrissey. Proprio il suono rootsy della strumentazione
segna lo sconfinamento in terroitorio Americana e alt-country partendo
dalla cantilena tutta scatti e rallentamenti di Gypsy
Rose, una delle tante "canzoncine" dritte al bersaglio
che infarciscono Changing Horses. Il quale farà storcere il naso
ai vecchi estimatori e continuerà a non convincere chi ha sempre
visto in Kweller un abile manipolatore del già sentito: tutto ciò
senza considerare il talento nel portarsi a casa motivetti irresistibili,
anche in campo country: ad esempio la corale Fight
con piano da barrelhouse di Riley Osbourn oppure la più
sfacciata pop song Sawdust Man, che
rimanda direttamente all'Elton John "americano" dei seventies.
Disonesto soprattutto disconoscere le carezze acustiche di Old
Hat e della dolcissima Ballad of Wendy
Baker, e anche se non doveste proprio sopportare il ciondolare
honky tonk di Wantin' Her Again e
Things I Like to Do, un poco goffe
e gigione, potreste sempre scegliere i grandi spazi evocati da On
Her Own e soprattutto da una commovente Homeward
Bound posta in chiusura, la quale fra piano e dobro si incammina
su sentieri country soul. Sarà pure tutto confezionato a regola
d'arte e con una buona dose di furbizia compositiva, eppure Changing Horses
è un diversivo maledettamente gradevole.
(Fabio Cerbone)
www.kweller.net
www.myspace.com/benkweller
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