inserito 25/09/2009

Kris Kristofferson
Closer to the Bone
[
New West  2009]



Non è disco per questi tempi Closer to the Bone, così come non lo era il suo speculare predecessore This Old Road: trentatrè minuti e una manciata di secondi che hanno in bocca il sapore di una musica spiattellata con verità e saggezza, senza nascondere le fragilità dell'autore, la vita che scivola via, gli amici che non ci sono più. Capita a chi, come Kris Kristofferson, ha superato da tempo l'età delle conquiste e del successo per approdare ad uno status di icona della canzone americana (e non solo viste le sue carriere parallele), magari meno "ingombrante" e trasversale rispetto a quelle degli amici Johnny Cash e Willie Nelson, pur sempre riverita fra colleghi, critica e quel pubblico country & americana dall'animo "progressista". Closer to the Bone conferma dunque il nuovo percorso acustico, nudo e crudo, secondo quel tracciato che il produttore Don Was sembra avere leteralmente scippato a Rick Rubin: non può infatti non ricordare - almeno a livello estetico e di suono - l'operazione degli American recordings questa dimensione raccolta, intima, in cui Kristofferson si circonda di qualche chitarra, armonica e mandolino (c'è l'amico scomparso Stephen Bruton, fra le ultime session prima di andarsene per un cancro), della firsarmonica di Rami Jafee e molto occasionalmente della batteria di Jim Keltner.

La differenza certo la fanno le canzoni, le quali portano soltanto la sua firma e non hanno intenzione di scandagliare passato e presente dell'american music. D'altronde Kris è un songwriter e non un interprete, con quella voce imprecisa che lui stesso non è mai riuscito ad accettare fino in fondo (arrivato a Nashville sul finire dei 60s la definì quella di un ranocchio). È la sua però e possiede l'impronta degli originali: solo così si può spiegare il fascino di un album che lavorando per sottrazione arriva esattamente allo scheletro di quella voce, sussurrando con placida sapienza di amicizie (Good Morning John è tutta per l'uomo in nero, Sister Sinead per la cantautrice irlandese Sinead O'Connnor), famiglia (From here to Forever, The Wonder), perdite e mortalità. Un raccolto se possibile ancora più essenziale rispetto a This Old Road, magari senza lo stesso effetto spiazzante, con buona parte del materiale che ha avuto una gestazione recente, mentre il resto è giunto da archivi che Kris Jriostofferson non aveva mai scoperchiato, come quella traccia fantasma - semplicemente "untitled" - che lui stesso scrisse a undici anni, la sua prima canzone.

La profondità del repertorio mette dunque in salvo da qualsiasi recriminazione sulla forma: breve, spartano, poco appariscente, Closer to the Bone non fa nulla per accativarsi l'ascoltatore distratto. È folk music terribilmente reale da fare male, da sanguinare in ballate con una candenza fuori del tempo (Starlight and Stone, Let the Walls Come Down), solenni proprio nel contrasto con il loro suono così ridotto al lumincino.
Una versione deluxe di Closer to the Bone esce con l'aggiunta di un poster e soprattutto del Live From The Olympia Theatre, otto canzoni tratte da una tre giorni di sold-out al famoso teatro di Dublino nel tour del 2008.
(Fabio Cerbone)


www.kriskristofferson.com
www.newwestrecords.com



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