|
Otis
Gibbs
Grandpa Walked a Picketline
[Wanamaker/
Thirty Tigers 2009]
Sulla vita di Otis Gibbs si potrebbe tranquillamente scrivere
un romanzo, magari di quelli pių picareschi, raccontando la sua vita di
busker per il mondo, un vagabondo con la chitarra acustica in spalla che
viaggia tra l'America e l'Europa, vive alla giornata facendosi ospitare
da artisti e attivisti radicali (pare ci sia persino un file dell'FBI
dedicato al personaggio). Quindici anni sulla strada, che sono anche documentati
nel suo sito ("the travels and tribulations of Otis Gibbs" il titolo,
perfetto direi), con alcuni bellissimi scatti dello stesso autore, originario
di una small town dell'Indiana ed oggi residente a Nashville. Sono circa
dieci anni che ha deciso di imboccare questa strada: lavori saltuari fin
dagli anni in cui ha lasciato il liceo, anche se il suo grande amore,
il songwriting, non lo ha mai lasciato. Ha cominciato da ragazzino esibendosi
nei bar pių malfamati: suonava brani di Jimmie Rodgers e Hank Williams
per permettere allo zio di pagarsi un goccetto in pių, poi ha preso la
questione sul serio e si č messo a scrivere canzoni proprie.
Dopo tre dischi assolutamente indipendenti, al quarto tentativo, Grandpa
Walked A Picketline, Gibbs č riuscito ad ottenere l'attenzione
di nomi importanti: prodotto da Chris Stamey (Whiskeytown nel suo
curriculum), con la partecipazione di Chris Carmichael al fiddle, Don
Dixon al basso, il collega Tim Easton all'armonica e mandolino
e Will Rigby (Steve Earle band) alla batteria, č da considerarsi il primo
lavoro di una certa eco per questo folksinger "arrabbiato" e proletario.
Le sue ballate asciutte, dallo spiccato accento rurale, sono infatti piaciute
anche al buon Billy Bragg, il quale ha eletto in una rubrica del Wall
Street Journal The Peoples Day - tratta dal precedente One Day
Our Whispers - come una delle "Top Five Songs with Something to Say".
Naturalmente anche Grandpa Walked a Picketline prosegue sulla linea protestataria
che lo stesso Otis Gibbs definisce come "love songs for young radicals".
Insomma, una via di mezzo fra il socialista Steve Earle e il campagnolo
Chris Knight, ai quali pių volte si possono avvicinare le temetiche, e
in parte i suoni, di Gibbs: ci parla di vite emarginate nell'everyday
life dell'America di oggi, quanto mai attuale alla luce della crisi econimica
che l'ha travolta, con una serie di genuini ritratti tra cui si fanno
notare la cristallina Caroline, ballata
country con steel dal taglio classico, Beto Junction, pių secca e disadorna,
il folk blues dal passo dylaniano di Preacher
Steve, spietata descrizione di un certo mondo religioso fondato
sull'ingnoranza, la paura e la ricerca del consenso per fini commerciali.
Personaggio dunque dotato di un'ottima penna Otis Gibbs, ma non si pensi
che il suo fascino si esaurisca nei testi: senza dubbio il suo stile č
scarno, fondamentalmente acustico e tradizionalista, ma la voce roca e
sofferta amplifica l'effetto di alcuni brani, tra cui la country ballad
dal sapore un po' rustico Everyday People,
e ancora Sometimes Angels, Honey
Please, ballate dove Stamey dimostra di avere fatto un passo
indietro, lasciando che tutto suonasse essenziale e un po' spigoloso.
(Davide Albini)
www.otisgibbs.com
www.myspace.com/otisgibbs
|