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Bob
Cheevers
Tall Texas Tales
[Inbred
2009]
Bob Cheevers è un sopravvissuto agli anni '60, che attraversò con
successo guidando i Peppermint Trolley Company (pop usa e getta per serial
televisivi), agli anni '70, durante i quali ha lavorato come compositore
a cottimo per la MCA, e agli anni '80, trascorsi in quella che lui stesso
definisce una "hippie daze" (dovuta forse a un consumo non proprio morigerato
di cocaina). E' sopravvissuto a un continuo andirivieni tra Tennessee,
California e Texas (dove attualmente risiede). E' sopravvissuto all'inaridimento
della propria vena creativa, sfidando gli ultimi due decenni con una grinta
e una rinnovata fluidità di scrittura (ascoltate l'ottimo The Stories
I Write [1999]) che molti suoi colleghi dei vecchi tempi, pur avendo condotto
una vita senz'altro meno burrascosa, hanno smarrito da un pezzo. Sarà
per una voce che ricorda da vicino Willie Nelson, sarà per la collaudata
collaborazione col produttore Stephen Doster (songwriter per conto
suo e già supervisore degli album di Nanci Griffith e Lyle Lovett), ma
Tall Texas Tales, ancorché non intitolato a un texano purosangue,
non può non ricordare la polverosa canzone d'autore di Butch Hancock,
Jimmie Dale Gilmore e Guy Clark.
Joe Ely è forse il nome che più spesso ricorre ascoltando gli undici brani
di Tell Texas Tales, e questo in virtù di un deciso piglio rockista che
possiamo far risalire alla giovinezza di Cheevers, un figlio di Memphis
che ha avuto il privilegio di assistere in diretta alla nascita del rock'n'roll
di Johnny Burnette e Billy C. Riley e si è poi appassionato alle gesta
di Buffalo Springfield, Jefferson Airplane e Seeds. Oggi la sua musica,
votata a un impasto di chitarre acustiche ed elettriche, dobro, mandolini,
pedal-steel, banjo, violini e fisarmoniche che è quanto di più tipicamente
"made in Texas" si possa immaginare, celebra un matrimonio tra country
e rock delle radici che nessuno sano di mente potrebbe definire originale,
ma che di certo non mancherà di colpire al cuore gli estimatori del genere.
Costoro non avranno che da perdersi, a scelta, tra le suggestioni malinconiche
della lunga Falling (e di altre ballate
come Grown Up People o Give
This Heart, che assomigliano a una declinazione intimista dell'honky-tonk
di Merle Haggard), il ritmo da fiesta messicana della contagiosa Luckenbach
e il rock-blues di Texas Is An Only Child
e One Good Rib, bruciante e pestona
l'una, scoppiettante e piena di swing l'altra.
Chi invece storce il naso non appena intravede un cappello o uno stivale,
dia una chance alle rasoiate elettriche di Turquoise
Heart With A West Texas Smile, rock-ballad di quelle ch'è sempre
più raro trovare, e all'up-tempo elettrico della tumultuosa Mushroom
Cloud Lil, e stia pronto a ricredersi. "Non so se queste storie
sono vere. Però sono capitate a me", afferma sornione Cheevers sul retrocopertina
di Tall Texas Tales. Io non so se quanto racconta Cheevers sia vero, so
che l'ha raccontato in un album che forse non cambierà la vita a nessuno,
ma è confezionato con classe indiscutibile. Chapeau.
(Gianfranco Callieri)
www.bobcheevers.com
www.myspace.com/bobcheeversmusic
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