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Dave
Alvin & The Guilty Women
Dave Alvin & The Guilty
Women
[Yep
Roc 2009]
Non fossimo a conoscenza della straodinaria carriera del personaggio,
della sua importanza vitale nel tratteggare quello che oggi tutti chiamano
Americana e che Dave Alvin ha contribuito a forgiare in tempi non
sospetti, potremmo addirittura pensare ad una trovata pubblicitaria ad
effetto. Messi in soffitta i vecchi pard maschili, Dave ha infatti girato
il vestito e si è letteralmente inventato le Guilty Women,
un progetto da condividere con uno stuolo di brillanti musiciste, tutte
figure femminili, con le quali riparte l'avventura dopo la recente tragedia
dell'amico scomparso Chris Gaffney. Sperimentato per la prima volta nell'ottobre
del 2008 all'Hardly Strictly Bluegrass Festival, il connubio Dave Alvin
& The Guitly Women si è concretizzato in poco tempo in una
riunione di studio: tutto molto spontaneo, senza filtri. Il segnale è
dunque di un'intesa immediata, il risultato un disco che non gode forse
di una forza d'insieme come in passato, ma sopperisce con mestiere e una
sensazione di coralità diffusa.
Innegabile infatti che la presenza di numerose cover, persino la condivisione
di alcuni brani lasciati all'interpretazione di Christy McWilson
e Amy Farris (Weight of the World
e Potter's Field), siano la prova
di un Dave Alvin meno istrionico e al centro dell'attenzione, più
disposto a condividere e lasciarsi guidare dalla soluzione del momento.
Avendo a disposizione la perizia tecnica di Cindy Cashdollar e
Nina Gerber, chitarre e steel che infarciscono la sei corde dello stesso
Dave, il mandolino e fiddle della signora del bluegrass Laurie Lewis,
e una discreta quanto efficae sezione ritmica composta da Sarah Brown
e Lisa Pankrantz, è evidente come lo spirito di squadra, il piacere
della registrazione informale prenda il sopravvento sull'obiettivo finale:
questo per sottolineare come una Marie Marie
ripresa in luccicante versione hillbilly non sia una autentica sorpresa,
così altrettanto l'interlocutoria chiusura di Que
Sera, Sera, classico intramontabile girato in chiave boogie
che lascia il tempo che trova. Da altre parti vanno ricercate invece quelle
atmosfere riflessive e intime che la stessa voce, molto contenuta, di
Alvin sottolinea: i ricordi familiari di Downey
Girl ritornano all'eleganza di alcuni episodi di Blackjake
Dave e King of California, e la passionale evocazione di Nana
and Jimi rammenta quanto questo signore sia un immenso patrimonio
dell'american music.
Resta solamente il dubbio
che Dave Alvin & the Guilty Women sia un passaggio,
nell'attesa di studiare la prossima mossa: la ricerca sul songwriting,
anche altrui, è stata abbondantemente affrontata nelle opere precedenti,
e sia Don't Make Promises sia River
Under the Road non paiono aggiungere rivelazioni, mentre il
retro swing di Boss of the Blues (dedica
al grande Big Joe Turner) insiste in una galleria di memorie un po' fuori
luogo nel suono raccolto e folkie del disco. Certo, non sfugge la consapevolezza
che in quelle ambientazioni elettro-acustiche crepuscolari che infondono
le melodie di Anyway e These
Times We're Living In (Kate Wolf), quest'ultima splendida,
Dave Alvin rimanga un maestro indiscusso. Ma questo evidentemente lo sapevamo
già tutti: alla prossima uscita vorremmo vederlo rischiare qualcosa
di più
(Fabio Cerbone)
www.davealvin.net
www.yeproc.com
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