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Eli
"Paperboy" Reed & The True Loves
Roll
With You
[Q
Division/ Good Fellas 2008]
Eli "Paperboy" Reed ammicca da una copertina dove pare l'ultimo
ritrovato del revival folk: con quella chitarra imbracciata come un arma
ed una bocca spalancata per gridare al mondo, giureresti di avere a che
fare con l'ennesimo folksinger, e invece la cantonata è dietro l'angolo.
Apri il libretto di Roll With You e trovi una giustificazione
per quel dettaglio non indifferente "& The True Loves" che campeggiava
in prima pagina: un'intera sezione fiati (sax tenore e baritono, tromba),
la chitarra speziata di Ryan Spreaker, il contrabasso di Mike Montgomery
e una lunga lista di ospiti aggiunti per dare corda alla festa. Scintille
soul e fuochi d'artificio rhythm'n'blues, una fragorosa esplosione di
passione e sudore: siamo ai Muscle Shoals nel '68 o nella Boston di oggi?
Decidete voi, anche se lo spirito è rimasto a quei giorni benedetti della
Stax, all'età dell'oro del southern soul, di un Otis Redding sul tetto
del mondo e alle sue spalle eroi "minori" e personaggi di culto della
saga anni Sessanta: Roll With You li mette tutti in fila, rubando a destra
e a manca, ma senza permettersi di rifare una sola cover. Sono undici
caramelle scritte di proprio pugno da una ragazzo del Massachusetts che
ha visto la luce fra le pile di vinili ereditate dal padre e per non farsi
mancare nulla ha deciso di respirare direttamente un po' di quelle atmosfere
vivendo tra Clarksdale, Mississippi e Chicago, dove ha imparato l'arte
gospel nella chiesa di Mitty Collier, ex reginetta soul convertitasi alla
vita da predicatrice.
Logico che un tale percorso umano e artistico sfociasse nella "pantomima"
vintage di Roll With You, un disco che manderà su tutte
le furie i sostenitori del "nuovo che avanza" e delle contaminazioni
soul moderniste, le stesse che hanno definitivamente snaturato e ucciso
il genere in questi anni, mentre instillerà entusiasmo fra chi pensa che
il verbo di tale musica sia ricoperto di classicità tanto quanto il fratello
maggiore, il blues. Noi stiamo da quest'ultima parte - c'era forse bisogno
di ribadirlo? - perché Eli "Paperboy" Reed suona troppo sincero,
fresco e vitale per finire cassato come un imitatore senza né arte né
parte. Non c'è nessuna vergogna dunque nel lasciarsi mettere in ginocchio
dalla straripante scossa di Stake Your Claim:
il "ragazzo di carta" pare invasato dallo spirito di Bobby Blue Bland,
mentre la band, e che band signori, gronda tormento soul manco fosse una
reincarnazione di Booket T & the Mg's.
Il sound ardente, i continui call&response con il leader, sono
il motore di Roll With You, un disco che tira brutti scherzi di tempo
e spazio: Am I Wasting My Time è solare
più che mai, un canto liberatorio, It's Easier
fa del romaticismo la sua bandiera, mandando a memoria la lezione
di James Carr, mentre l'incalzante palpitare di Take
My Love With You ha la stoffa di un singolo di Wilson Pickett,
autentico terremoto emotivo. Eli Husock (così all'anagrafe) fa rabbia
per quanto maneggia con sicureza e spavalderia la materia: nelle convulse
The Satisfier, I'm
Gonna Getcha Back (facciamo i pignoli? Forse strizza troppo
l'occhio a Hard to Handle di Redding) e (Doin'
The) Boom Boom veste persino i panni del sordido funky man
ancheggiando come James Brown, mentre nella dolce
She Walks e nel canto blues di (Am
I Just) Fooling Myself si abbandona alla giusta dose di sentimentalismo.
Faccia bianca come il latte, voce nera come le acque più profonde del
Mississippi, Eli Paperboy Reed non sarà certo il salvatore della soul
music, ma ne rimette al centro tutte le caratteristiche che ne fecero
un linguaggio musicale liberatorio. Agli inguaribili snob e schizzinosi
il compito di massacrarlo con il "derivativo" di turno.
(Fabio Cerbone)
www.myspace.com/elipaperboyreed
www.qdivision.com
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