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Tift
Merritt
Another Country
[Fantasy/
Universal
2008]
Sweet and innnocent, la voce di Tift Merrit è ancora una
delle migliori scommesse dell'universo Americana, sempre più variegato
e competitivo. Another Country sancisce tuttavia una parziale
inversione di rotta rispetto all'esuberanza del predecessore, quel Tambourine
che l'aveva imposta tra le nuove stelle del genere. Con una minore spinta
elettrica, il nuovo arrivato baratta le radici soul e r&b per inseguire
la stella di un songwriting intimista e accorato, specchio di numerose
ballate concepite in solitaria al pianoforte. Tift Merritt le ha composte
fra una stanza parigina, luogo in cui si era rintanata alla chiusura dell'ultimo
tour europeo, ed una piccola casa affittata nel Laurel Canyon, in California.
Qualcosa si è sedimentato fra le note, che sanno di West Coast, di un
country rock raffinato a lambire ambizioni pop, sulle quali la voce nitida
della Merritt può scandire con più convinzione le sue riflessioni.
La baldanza di Something to Me e il
timbro elettrico di Broken non ingannino:
i ponti con il passato non sono tagliati del tutto, e la produzione di
George Drakoulias lo conferma, ma il clima si rende, strada fancendo,
colmo di tenerezze e fragilità, tanto che la stessa Another
Country, bel titolo che gioca anche su doppi sensi musicali,
presenta l'inedito copione di una ballata pop elegante. Soprendente che
ad accompagnare Tift in questa metamorfosi ci siano le chitarre di Charlie
Sexton e Doug Pettibone: assai poco invadenti, prestano il
fianco alle intenzioni della protagonista, lavorano di fino e restano
nell'ombra, nonostante la classe degli arrangiamenti non si discuta. Si
veda il dolce cullare di Hopes Too High,
degna della musa Emmylou Harris, e ancora il binomio organo-chitarre in
Morning Is My Destination e
I Know What I'm Looking for Now, che hanno in bocca il sapore
del migliore southern soul, anche se più edulcorato del previsto. Tift
Merritt sembra dunque avere barattato un poco della determinazione passata
per acciuffare un disco personale, che parlasse di lei e dei suoi sentimenti
senza maschere: in questo senso appare persino fuori posto
Tell Me Something True, sorta di outtake di Tambourine con
tanto di sezione fiati che, pur nella sua rotonda bellezza, stona al fianco
di sussurrate confessioni acustiche quali Keep
You Happy, Tender Branch
o la conclusiva Mille Tendresses,
testo in francese a confermare il soggiorno parigino della Merritt, ma
risultato troppo artefatto.
A questo punto è chiaro il sospetto che Another Country
si rivolga in prima persona all'artista stessa e solo in un secondo momento
ai suoi estimatori: avremmo magari preferito qualche slancio di generosità
rock in più (quello che sbuca all'improvviso in My
Heart Is Free), un sound complessivamente meno affettato, eppure
la classe non si cancella con un colpo di spugna. L'esigenza per Tift
Merritt di misurarsi nelle qualità di autrice va sostenuta, per le richieste
attendiamo il prossimo giro.
(Fabio Cerbone)
www.tiftmerritt.com
www.myspace.com/tiftmerritt
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