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Sonny
landreth
From the Reach
[Landfall
2008]
C'è una vecchia legge non scritta nel mondo del blues che recita più o
meno così: "quando senti di essere a corto di idee e ispirazione, chiama
un paio di amici e qualcosa di buono verrà sempre fuori". B.B.King lo
sa bene, visto che vanta ormai una lunghissima discografia di with-a-little-help-from-my-friends-records,
e John Lee Hooker rinnovò in questo modo una carriera arenatasi nel pantano
degli anni 80, ma Sonny Landreth è assolutamente un novellino nella
pratica. Fortuna nostra che From The Reach, settimo album
in studio del chitarrista della Louisiana, non si risolve in una mera
parata di grandi nomi ad uso e consumo del mercato discografico, ma solamente
succede che per la prima volta lo sentiamo cercare l'applauso, uscire
dalle righe e sbrodolare note in più, come un vero guitar-hero d'altri
tempi.
E anche i tanti ospiti illustri sembrano più una presenza voluta a confermare
la sua grandezza, più che una necessità funzionale alla buona riuscita
dell'album, quasi che il buon Sonny stia cercando i giusti tributi al
proprio talento dopo anni di onoratissima carriera. Landreth per l'occasione
sfoggia undici brani scritti tutti di suo pugno, anche se stavolta ha
lasciato nel cassetto gli appunti del buon songwriter presi durante le
frequentazioni con John Hiatt, perché, rispetto ai precedenti dischi (gli
ottimi Levee Town del 2000 e The
Road We're On del 2003), qui si sente una minore ricerca della
canzone d'autore a favore di stilemi blues e zydeco molto più classici
e consolidati.
L'inizio di Blue Trap Blues è uno
di quelli che subito ben dispone all'ascolto, una partenza super-energica
ravvivata da un Mark Knopfler decisamente in parte. Si atterra
subito con la professionale When I Still Had
You, duello di chitarre con un Eric Clapton in versione
musicista del diavolo, una presenza segnalata anche nella più risaputa
Storm Of Worry. Il club delle chitarre
vestite da Armani (manca solo Robert Cray all'appello…) si completa con
il redivivo Robben Ford, una partecipazione piuttosto impalpabile
nella quasi caraibica Way Past Long,
ma ben più riconoscibile in Blue Angel,
ménage à trois con Vince Gill. Quest'ultimo, ex chitarrista dei Pure Prairie
League e country-man di fama consolidata, dona un tocco di melodia in
più alla lieve The Goin' On e uno
di troppo alla chiusura di Universe,
mentre il chitarrista texano Eric Johnson duetta alla grande in The
Milky Way Home, coinvolgente strumentale concepito per pura
esibizione di bravura (fin troppo gigiona invece l'altra wordless-song
Uberesso). Molto bella la sinuosa
Let It Fly, impreziosita dalla voce
della ex-Arrested Developement Nadirah Shakoor, mentre la guascona Howlin'Moon,
appuntamento zydeco partorito con il piano di Dr John e la voce di Jimmy
Buffett, diverte nonostante la sua profonda prevedibilità.
From The Reach è dunque un album tecnicamente abbacinante, ma da Landreth
ormai ci aspettiamo più sostanza. Ma per una volta può anche bastare così.
(Nicola Gervasini)
www.sonnylandreth.com
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