inserito 28/04/2008

The Black Keys
Attack & Release
[
V2
 2008]



Ai patiti del rock come la gran parte dei nostri lettori, capita spesso di sentire il bisogno, soprattutto accostandosi a nuovi album, di trovare un che di rassicurante, qualcosa che riporti a sonorità usuali (qualcuno dirà anche abusate, ma questo è un altro discorso), già sentite mille volte ma per questo riconcilianti. Ebbene, nel mettere nel lettore questo nuovo dischetto del duo di Akron (capitale mondiale dei pneumatici, dalla quale provenivano anche quei folli genialoidi che rispondono al nome di Devo) la prima impressione è quella di avere per sbaglio acquistato un disco prodotto all'incirca nel 1972. Già l'inizio è particolarmente spiazzante, con la caracollante ballata All You Ever Wanted, dai suoni piuttosto torbidi e che si chiude con una splendida coda di organo hammond, come non se ne sentono più di questi tempi.

Poi, già dalla seconda traccia, capiamo meglio con chi abbiamo a che fare. L'uno-due I Got Mine/ Strange times è una specie di rifferama che si rifà tanto agli Zeppelin, quelli buoni dei primi quattro dischi, quanto al blues del Delta ed all'etica della cantina di Exile of Main Street. Si continua con ballate bluesate, cariche degli odori del Mississipi, come Psychotic Girl, ma cariche anche di una certa psichedelia tutta sixty come dimostra Lies. C'è poi il rock and roll duro e puro di Remember when (Side B) e quello più bluesato di Ocean and Streams. Ma il punto più alto del disco si raggiunge con So he Won't Break, che è probabilmente il momento più originale di tutti, con la chitarra carica di tremolo dell'ospite Marc Ribot (piccolo excursus: ha perfettamente ragione il nostrano Vinicio Capossela quando sostiene che tutti i dischi in cui il grande Marc suona valgono la pena di essere ascoltati anche solo per la sua presenza) che disegna l'intero panorama sonoro del brano. Ultima segnalazione per Same Old Thing, che sembra una out-take di Stand Up dei Jethro Tull, sia per il flauto traverso che compare fin dall'inizio, sia per il secco riff della chitarra di Dan Auerbach (una delle due metà dei Black Keys, mentre l'altra è Patrick Carney).

Detto tutto ciò, nel cercare di dare un giudizio sommario a questo album, prima di trarre le conclusioni, bisogna porsi una domanda: che cosa si cerca da un disco rock nel 2008? Se si tratta dell'originalità a tutti i costi, il colpo di genio che inventi sonorità mai sentite prima, bè, allora bisogna stare lontani da Attack and Release dei Black Keys. Se invece cercate brani e suoni che riportino la mente ai bei tempi andati, filtrati magari con un po' di insolenza giovanile (non dimentichiamo che i due Black Keys hanno entrambi soltanto 27 anni), questo è un disco che fa per voi. Certo, è assolutamente derivativo (parola quanto mai cara a certo giornalismo musicale), eppure suona talmente familiare da sembrare quasi consolatorio. Sicuramente, fosse uscito nel 1972, sarebbe stato un capolavoro. Oggi, però, siamo nel 2008…
(Gabriele Gatto
)

www.theblackkeys.com


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