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Rich
Hopkins & Lisa Novak
Loveland
[Blue
Rose 2008]
Rich Hopkins è tornato dal deserto di Tucson con un un nuovo amore
dagli inaspettati risvolti artistici: Lisa Novak è difatti l'attuale
musa ispiratrice del chitarrista dell'Arizona, ex Sand Rubies e da diverse
stagioni titolare di una carriera solista che insieme ai suoi Luminarios
ha prodotto un songbook fatto di rock dalle tinte psichedeliche e ruvidezze
alla Crazy Horse, assai apprezzato in casa Blue Rose. Loveland
prosegue dunque il sodalizio in terra tedesca, questa volta abbassando
i toni elettrici o meglio adattandoli alla sensibilità di una autrice,
di origini texane, che ha nel suo accento musicale un debito verso il
folk, il country e in generale verso una ballata dalle fattezze più tradizionali.
L'incontro non può dirsi un fallimento sia chiaro, ma soffre di una evidente
carenza della Novak in fatto di personalità: sia le liriche sia la voce
non eccellono fra la grande concorrenza che deve fronteggiare nel vasto
South West americano, trascinando anche il buon Hopkins, sempre lodevole
nel lanciare segnali con la sua sei corde elettrica, in una sequenza di
country rock dal piglio melodico un po' evanescente. Insomma, Loveland
appare come un progetto in cui i risultati sono ben al di sotto delle
possibili aspettative, giudicandolo non solo in raffronto con la produzione
passata dello stesso Rich Hopkins ma anche con la meticolosa preparazione
che ha preceduto il disco: tredici mesi di lavorazione, in un continuo
confronto reciproco, limando musiche e testi, due differenti sedi di registrazione
(Tucson e Houston), molti musicisti di eccellenza coinvolti (Bruce Halper,
Ken Andree, Nathian Sabatino), tutti provenienti dalla scena locale (Greyhound
Soul, Sidewinders, Giant Sand, Luminarios), ma alla resa dei conti un
pugno di buone intenzioni e poco altro.
Così andrebbero letti infatti gli scatti migliori di Loveland,
dal pop impastato di jingle jangle dell'iniziale Somekindagirl
agli immancabili orizzonti folk rock espressi in Angel
in Boots e Lucky Guy, dove
la chitarra di Hopkins appare più timida del solito eppure funzionale
come non mai all'anima della canzone. Sono tuttavia episodi sporadici,
che trovano in parte conforto anche nella riedizione di What
Am I Supposed to Do? (vecchio cavallo di battaglia dei Sand
Rubies), oppure in una I'll Cry Later
che rimanda alla fragilità di certo Neil Young, mentre tutto il resto
si arrangia fra la sufficienza e un fastidioso navigare a vista, ciò che
sembra coinvolgere principalmente i brani della Novak. Heartbreak
Police regge soprattutto grazie alla generosità di Hopkins
e del suo solismo, mentre il rock'n'roll svelto di Human
After All non sembra proprio adattarsi alla protagonista, fino
a scivolare nell'anonimato di Fallin'
e di una Matthew Sweet che, a partire
dal titolo, rappresenta un personale omaggio all'omonimo rocker americano.
Un'occasione mancata, sperando dunque che Rich Hopkins torni presto alla
ditta individuale.
(Fabio Cerbone)
www.myspace.com/richhopkinsandtheluminarios
www.myspace.com/lisanovak
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