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The
Gaslight Anthem
The '59 Sound
[Side
One Dummy 2008]
La puntina si appoggia lentamente sul vinile, quattro battute prima dell'esplosione:
Great Expectations da inizio alla
corsa folle dei Gaslight Anthem nella notte del New Jersey. E'
un escamotage nemmeno così insolito: il gracchiare di un vecchio
lp serve però a mettere subito le cose in chiaro, questi quattro
ragazzi di New Brunswick appartengono ad un mondo del rock'n'roll in via
di estinzione, fra immaginari che prevedono sabati notte in fuga e strade
infuocate, con i dischi di Springsteen, Clash, Tom Petty, Social Distortion
e della Stax che rimbombano nello stereo della macchina. The '59
Sound è prima di tutto una raccolta di suggestioni, di
versi che citano apertamente, che "rubano" un'atmosfera, una
visione, quella della strada, del crescere nella periferia, fra tonnellate
di "rumore bianco", come lo avrebbe definito Don Delillo, in
un deserto industriale che diventa un scusa per partire e salvarsi la
vita con le chitarre
Non sorprenda il fatto di vederli approdare - dopo un esordio, Sink or
Swim (2007) che è stato un piccolo culto - nella scuderia della
californiana SideOneDummy: prodotti da Ted Hutt dei Flogging Molly,
fra collaborazioni ed ospiti che chiamano a raccolta musicisti di Bouncing
Souls e Mighty Mighty Bosstones, potrebbero passare per una punk rock
band di revivalisti qualunque. Abitano invece una realtà ormai
sconosciuta i Gaslight Anthem: il loro rock'n'roll è un compromesso
fra il mainstream più nobile e la rabbia punk del '77, o, per arrivare
ai giorni nostri, tra il frastuono urbano degli Hold Steady, la New York
di Jesse Malin e il ruvido graffio dei Lucero, è una terra di mezzo,
sempre meno frequentata, di cui abbiamo disperatamente bisogno. Perchè
andranno pure bene i piccoli sogni e la modestia dell'indie rock, altrettanto
la malinconia dei folksinger e delle country band di provincia, ma qualcuno
che ogni tanto alzi il pugno è una necessità ed un dovere.
Brian Fallon prende allora il timone, canta melodico e suona livido,
coadiuvato dalle chitarre di Alex Rosamila e dalla sezione ritmica di
Alex Levine e Benny Horowitz: l'universo di The '59 Sound inscena la perdita
dell'innocenza, il passaggio all'età adulta, combattuto fra la
responsabilità e il caos del rock'n'roll.
Il drive è serrato, il suono un impasto di backstreets e
punk romantico, le liriche un groviglio di ricordi, citazioni, preghiere
per amici abbandonati e ragazze da conquistare: la title track, arrembante
nel suo assalto elettrico all'arma bianca eppure cupa nelle sue immagini
di morte, in quel suo "Young boys, young girls, ain't supposed
to die on a Saturday night" sembra rimandare direttamente ai
"Boys and Girls in America" degli Hold Steady, ma dietro l'angolo
ci sono confessioni che suonano come proiettili, una catarsi personale
in High Lonesome e Old
White Lincoln ("And I always dreamed of Classic cars
and movie screens. Trying to find someway to be redeemed"). Film
Noir e Miles Davis & the Cool
più che titoli sono sacrosante promesse, The
Patient Ferris Wheel fa saltare ancora una volta il banco azzannando
melodia e rock'n'roll; Even Cowgirls Get the
Blues tira in ballo il biondino della Florida ("I still
love Tom Petty songs And driving old men crazy"...amen);
Meet Me by the River's Edge fa l'inchino all'unico Boss
del New Jersey possibile, omaggia senza vergogna No Surrender e Bobby
Jean, prima che si abbassino le luci in Here's
Looking at You, Kid, l'idea di ballata che hanno in testa i
Gaslight Anthem.
La corsa volge al termine: le prime luci dell'alba giù dalla collina,
la brezza dell'estate e due ragazzi in auto si scambiano le anime in Backseat:
"And in the backseat, we're just trying to find some room for
our knees. And in the backseat, we're just trying to find some room to
breathe". Togliete la puntina e fate ripartire tutto da capo:
The '59 Sound vi deve entrare sotto pelle come il migliore
rock'n'roll ha sempre fatto.
(Fabio Cerbone)
www.gaslightanthem.com
www.sideonedummy.com
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