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Dr.
Dog
Fate
[Park the Van/ Audioglobe 2008]
Strano oggetto i Dr. Dog, quintetto di Filadelfia che superficialmente
appare compiaciuto nella sua ricerca su armonie e piccole deviazioni pop,
salvo distinguersi nel ristretto campo di quelle rock'n'roll band capaci
di suonare moderne pur nella loro totale devozione al passato. Non a caso
sono finiti sotto l'ala protettrice dei My Morning Jacket, band con la
quale condividono simili obiettivi musicali: ingaggiati da questi ultimi
come opening act durante il tour di It Still Moves, i Dr. Dog hanno goduto
senz'altro di un'esposizione maggiore, pur restando confinati nell'alveo
della scena indipedente. Lo conferma l'uscita di Fate, ancora
una volta sotto il machio Park the Van, completamente autogestito all'insegna
di una famiglia allargata, aperta negli anni ai più disparati contributi.
Nella sostanza però il progetto rimane arroccato intorno alle composizioni
di Scott McMicken e Toby Leaman, chitarra e basso cresciuti
negli scantinati della città e presto evolutisi dai Racoon nel vero e
proprio progetto Dr. Dog. Il gruppo si stabilizza quindi in una formazione
a cinque elementi con l'apporto essenziale di Zach Miller alle tastiere.
Il suono di Fate è la naturale limatura e il progressivo addomesticamento
dell'indie pop da cui erano partiti una decina di anni fa, facendo confluire
l'estetica a bassa fedeltà di maestri quali i Pavement dentro una canzone
rock più classica, che riecheggia i Seventies, le armonie della West Coast,
la coralità agreste della Band e, novità di questo turno, un pizzico di
ardente soul music fra le righe.
Non è un disco rivoluzionario, semmai una lunga coda di quella rinnovata
sensibilità "tradizionalista" che ha attraversato il mondo del rock indipendente
americano in tempi recenti: dai Wilco ai citati My Morning Jacket ci sono
sufficienti agganci per comprendere e forse delimitare la proposta dei
Dr. Dog. I quali però suonano a sprazzi ispiratissimi e ammiccanti, fra
i sussulti white pop soul di Hang On,
la teatralità di Army of Ancients
e il suo canto sguaiato da predicatore, l'esplosione di colori e melodie
zuccherine di The Rabbit, The Bat, And the Reindeer
e From (una sorta di omaggio ai Beach
Boys passando per i Wilco), infine le istantanee, nervose scariche elettriche
che oltrepassano The Ark e The
Beach, forse già pronte ad una dilatazione dal vivo.
Certo in alcuni frangenti, come anticipato in apertura, i Dr. Dog si crogiolano
con troppa indulgenza nella loro adorazione pop, puntanto sull'effetto
e meno sulla sostanza del songwriting (The Breeze,
una introduzione ingannevole sul reale contenuto di Fate), scivolando
pericolosamente ai confini di un suono un po' da macchietta (Uncovering
the Old). Per fortuna restano ruzzoloni isolati, dando l'impressione
di una band in costante ridefinizione di se stessa e dei suoi traguardi.
(Fabio Cerbone)
www.drdogmusic.com
www.myspace.com/drdogl
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