inserito 10/09/2008

Dr. Dog
Fate
[Park the Van/ Audioglobe  
2008
]



Strano oggetto i Dr. Dog, quintetto di Filadelfia che superficialmente appare compiaciuto nella sua ricerca su armonie e piccole deviazioni pop, salvo distinguersi nel ristretto campo di quelle rock'n'roll band capaci di suonare moderne pur nella loro totale devozione al passato. Non a caso sono finiti sotto l'ala protettrice dei My Morning Jacket, band con la quale condividono simili obiettivi musicali: ingaggiati da questi ultimi come opening act durante il tour di It Still Moves, i Dr. Dog hanno goduto senz'altro di un'esposizione maggiore, pur restando confinati nell'alveo della scena indipedente. Lo conferma l'uscita di Fate, ancora una volta sotto il machio Park the Van, completamente autogestito all'insegna di una famiglia allargata, aperta negli anni ai più disparati contributi.

Nella sostanza però il progetto rimane arroccato intorno alle composizioni di Scott McMicken e Toby Leaman, chitarra e basso cresciuti negli scantinati della città e presto evolutisi dai Racoon nel vero e proprio progetto Dr. Dog. Il gruppo si stabilizza quindi in una formazione a cinque elementi con l'apporto essenziale di Zach Miller alle tastiere. Il suono di Fate è la naturale limatura e il progressivo addomesticamento dell'indie pop da cui erano partiti una decina di anni fa, facendo confluire l'estetica a bassa fedeltà di maestri quali i Pavement dentro una canzone rock più classica, che riecheggia i Seventies, le armonie della West Coast, la coralità agreste della Band e, novità di questo turno, un pizzico di ardente soul music fra le righe.

Non è un disco rivoluzionario, semmai una lunga coda di quella rinnovata sensibilità "tradizionalista" che ha attraversato il mondo del rock indipendente americano in tempi recenti: dai Wilco ai citati My Morning Jacket ci sono sufficienti agganci per comprendere e forse delimitare la proposta dei Dr. Dog. I quali però suonano a sprazzi ispiratissimi e ammiccanti, fra i sussulti white pop soul di Hang On, la teatralità di Army of Ancients e il suo canto sguaiato da predicatore, l'esplosione di colori e melodie zuccherine di The Rabbit, The Bat, And the Reindeer e From (una sorta di omaggio ai Beach Boys passando per i Wilco), infine le istantanee, nervose scariche elettriche che oltrepassano The Ark e The Beach, forse già pronte ad una dilatazione dal vivo.

Certo in alcuni frangenti, come anticipato in apertura, i Dr. Dog si crogiolano con troppa indulgenza nella loro adorazione pop, puntanto sull'effetto e meno sulla sostanza del songwriting (The Breeze, una introduzione ingannevole sul reale contenuto di Fate), scivolando pericolosamente ai confini di un suono un po' da macchietta (Uncovering the Old). Per fortuna restano ruzzoloni isolati, dando l'impressione di una band in costante ridefinizione di se stessa e dei suoi traguardi.
(Fabio Cerbone)

www.drdogmusic.com
www.myspace.com/drdogl


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