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07/11/2007
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Dwight
Yoakam 1/2 Che Dwight Yoakam
sarebbe prima o poi arrivato a redigere un vero e proprio tributo alla
musica di Buck Owens, dopo averne per anni incarnato tempi, modi
e caratteristiche salienti come nessun altro, era poco ma sicuro. Forse
per una forma di rispetto estremo, per farlo ha aspettato che Buck passasse
a miglior vita. Così facendo, tuttavia, ha alimentato anche qualche sospetto:
e se Dwight Sings Buck fosse stato niente più che un tentativo
di rapace sensazionalismo sul corpo appena defunto di un gigante della
country-music americana? Il tentativo becero di ravvivare i fatturati
di una carriera - quella di Dwight Yoakam - in netto declino commerciale,
ancorché sempre impeccabile sotto il profilo artistico? La velata confessione
di un'impasse creativa susseguita a dieci album (senza contare live, natalizi
e antologie) ad altissimo livello? Niente di tutto questo, naturalmente.
Bastano le prime, squillanti, travolgenti note di
My Heart Skips A Beat, nel loro trambusto country vivacemente
elettrificato, per capire che la staffetta della roots-music made in Bakersfield,
dalle mani di Buck Owens, non sarebbe potuta passare a testimone migliore.
Chi altri, se non Dwight Yoakam, avrebbe potuto affrontare quindici classici
del repertorio di Owens e dei suoi Buckaroos galvanizzandoli di tanta,
infiammata eccitazione, portando la dimensione bucolica dell'honky-tonk
a un smile, tumultuoso matrimonio con le scariche appassionate del rock'n'roll?
Nessun altro, è ovvio. Ecco quindi che Dwight Sings Buck, seppur composto
in via esclusiva da cover, risulta essere uno degli album più felici del
ventennale percorso artistico di Dwight Yoakam, nonché la dimostrazione
indiscutibile di come si possa ringiovanire lo stile altrui senza tradirne
la lettera: pochi fronzoli, una band essenziale alle spalle (oltre alla
chitarra acustica del titolare, quella elettrica di Eddie Perez,
la pedal-steel e il Wurlitzer di Josh Grange, il basso di Kevin
Smith, il drumming di Mitch Marine, le percussioni di Bobbye Hall e il
piano a corde del grande Skip Edwards in Together
Again), tonnellate di carisma ed energia e la voglia di far
scoprire al mondo che la musica country può ancora essere un affare dannatamente
vivo, forte, scoppiettante. C'è poco da aggiungere al diluvio di sei corde
twangy, beat rockabilly e honky-tonk indiavolato delle varie Down
On The Corner Of Love, Love's Gonna
Leave Here, Under Your Spell Again
(con un basso cavernoso da pezzo surf e riff mirabolante alla Duane Eddy!)
e Act Naturally, alla genuina nostalgia
delle ballatone country Only You (Can Break My
Heart), Close Up The Honky Tonks
e Your Tender Loving Care o al malinconico
congedo tra country e rock di una Together Again impastata di costernazione
e ricordi. Le canzoni, mai come in questo caso, parlano da sole. E ci
dicono ancora una volta che se Buck Owens ha rivoluzionato il country
tra il 1958 e il 1967, negli ultimi trent'anni nessuno come Dwight Yoakam
ha saputo conservarne il passato guardando al futuro. |