inserito
08/06/2007
|
Porter
Wagoner Ad agosto saranno ottanta,
un compleanno festeggiato in anticipo di due mesi con un ritorno sulle
scene per la Anti, ancora una volta etichetta risoluta nell'affrontare
sfide improbabili, come quella di resuscitare ad antichi splendori una
delle voci più integre e "conservatrici" della tradizione honky tonk americana.
L'ultima volta che vidi la faccia bislunga di Porter Wagoner fu
nel cast del crepuscolare, splendido Honkytonk Man di Clint Eastwood,
dove quest'ultimo gli affidò un ruolo omaggiandone la figura di grande
divulgatore della country music. Infatti, tanto sconosciuto per i meno
avvezzi alle cronache nashvilliane, quanto immediatamente riconoscibile
per il pubblico americano più attempato, Porter è stato il messaggero
per eccellenza del country fra gli anni sessanta e settanta, attraverso
la televisione e il suo leggendario Porter Wagoner Show, scopritore
di talenti e non ultimo musicista che ha saputo conservare, nel senso
più puro del termine, l'anima di questa musica. Wagomaster
in fondo non fa che ribadire questo concetto: dopo anni di sostanziale
silenzio, di qualche sotterraneo disco a tema gospel e rare apparizioni,
la nuova raccolta riparte dall'inizio. Da Hank Williams ad esempio, il
suo eroe, di cui Wagoner interpreta I Heard That (Lonesome Whistle),
infilata a sopresa nel talkin' finale di Porter And Marty. Come
se il tempo si fosse fermato dunque, sospinto a vele spiegate dal sound
corposo e intransigente dei Fabulous Superlatives di Marty Staurt,
il quale produce e prende per mano il maestro Porter. Wagonmaster risulta
così un disco di splendida resistenza country, roba da carbonari della
montagna che difendono fino allo stremo un linguaggio che più si impantana
nei lustrini pop e più perde il suo significato profondo. Wagoner ci mette
quella faccia e quella voce, oggi più profonda e spezzata, ma autorevole:
impossibile non coglierne l'intima fragilità in Committed To Parkview,
brano del vecchio amico Johnny Cash che rievoca giorni scuri di dipendenza,
e ancora nella successiva, magniloquente Agony Of Waiting. Di comune
accordo con le romanticherie di Who Knows Right From Wrong e Late
Love Of Mine formano la parte più riflessiva di un disco che in realtà
è musicalmente vivace, addirittura esuberante. Ricordi, nostalgia, sconfitte
e altre certezze indissolubili del country vengono messe in fila nel soffio
rurale di Albert Erving e Eleven Cent Cotton, mentre un
impasto di honky tonk, bluegrass e Bakersfield sound alimenta Be A
Little Quieter, Place To Hang My Hat, Fool Like Me,
Satan's River, inondate di pedal steel (il bravissimo Fred Newell),
fiddle, banjo e chitarre rigorosamente twangy. Porter Wagoner celebra
una doppia epifania in questo 2007, essendo anche il suo cinquantesimo
anniversario al fianco della Grand Ole Opry, istituzione immarcescibile
dell'industria di Nashville, di cui è stato animatore e ambasciatore per
un'intera carriera: Wagonmaster riporta a nuova vita quest'ultima. |