inserito
il 01/06/2007
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Richard
Thompson
"Nessun artista che sia
emerso nella seconda metà degli anni sessanta è riuscito ad avere una
carriera più vitale e produttiva di Richard Thompson". Suona quasi
convincente e una volta tanto non così distorta questa dichiarazione stampa,
nota introduttiva al nuovo album del chitarrista inglese, Sweet
Warrior. Quanto meno verosimile, se non si vuole proprio scadere
nell'elogio fazioso, anche pechè dall'esordio solista di Henry and the
Human Fly del 1972 sono passati esattamente trentacinque anni e Richard
Thompson riesce ancora magicamente a districarsi fra le maglie del
linguaggio folk rock, ad essere credibile e persino innovatore dentro
una forma canzone consolidata, uno stile che è ormai un marchio caratteristico,
pressochè unico. Si tratta della capacità di essere al tempo stesso songwriter
e musicista, di ammaliare per le doti di scrittura, dentro ballate romantiche,
colme di tensione e melodia, e allo stesso tempo trovare soluzioni strumentali
degne delle sua fama di venerato chitarrista. Sweet warrior è soprattutto
- e come sempre d'altronde per quel che riguada la sua più recente produzione
- un disco di canzoni ombrose, malinconiche e schiette, dove lo spettro
della parola guerra è inteso in senso lato, dalle battaglie interiori,
familiari a quelle tristemente note della cronaca mondiale. La più eclatante
resterà senza dubbio Dad's Gonna Kill Me, perché vi si rintracciano
gli evidenti strascichi della questione irachena, ma è tutto Sweet Warrior
ad echeggiare una necessità ed una forza ostinata nel songwriting, che
lo rende uno dei lavori più omogenei ed ispirati di una discografia di
per sé poco più che impeccabile. Un nuovo cambio di etichetta, il gruppo
inglese Proper, ed una produzione californiana con Simon Tassano
trasformano Sweet Warrior in una totale reazione al suono acustico, angusto
e accartociato su se stesso, del precedente Front Parlour Ballads. Qui
ritornano schiamazzi elettrici e grandi aperture armoniche che ri riallacciano
direttamente a Rumor and Sigh, persino a Hand of Kindness, o al più recente
Mock Tudor. Mantenendo come punti fissi le seconde chitarre di Michael
Hays, i tamburi di Michael Jerome e occasionalmente il violino
di Sara Watkins, alternando il vecchio compare Danny Thompson
e Taras Prodaniuk al basso, Richard Thompson molla i freni e si
lascia trascinare dall'istinto: trova un appiglio sicuro in Needle
and Thread, brillante folk rock che conforta e blandisce il fan di
vecchia data, trascinandosi poi nell'inquietudine rock di I'll Never
Give It Up e della citata Dad's Gonna Kill Me, un autentico crescendo
fra chitarre e violino, nell'abbagliante finezza elettro-acustica di Take
Care The Road You Choose, fino a toccare i contorni pop di una più
leggera Mr. Stupid. Risiede proprio qui il segreto della scorrevolezza
di Sweet Warrior, disco musicalmente aperto a più soluzioni, tanto esposto
e autentico nella parte testuale quanto per nulla intimidito nella ricerca
di soluzioni strumentali che non siano chiuse su se stesse: ecco allora
i fiati (Joe Subiett) e la gioia rock'n'roll che travolge Bad Monkey,
l'inaspettato reggea di Francesca e le ritmiche un po' convulse
di Sneaky Boy, o ancora il vento folk tradizionale che soffia sulla
magistrale Johnny's Far Away e su una strepitosa Guns Are The
Tongues, sette minuti e passa in forma di ballata che fluttua armoniosa
e monta nell'apice finale con il binomio chitarra-violino. E' proprio
vero: una carriera inattacabile o quasi, che non sembra aver perso nulla
in fatto di ispirazione |