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26/09/2007
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Josh
Ritter Non ne posso
più di sentir parlare di Josh Ritter come di una "promessa" tra
i nuovi songwriters americani. Arrivato ormai al quinto disco, il cantautore
dell'Idaho non è più una promessa, ma una splendida realtà del nuovo panorama
musicale d'oltreoceano. Se ci fermiamo un momento a guardare in retrospettiva
i suoi precedenti lavori, non si può non restare impressionati dalla continua
evoluzione di questo giovane talento. Dallo scarno songwriting dell'esordio
Golden Age of The Radio,
Ritter si è prima evoluto con il piccolo capolavoro Hello
starling (ancora oggi uno dei dischi più freschi del decennio, a mio
avviso, finito anche fra i migliori di RootsHighway nel 2003), in cui
ricostruiva un suono molto seventies con piano e hammond in bella vista,
e infine con The Animals Years,
in cui rivestiva le sue canzoni dalla struttura piuttosto classica con
sonorità più moderne. Con il qui presente The Historical Conquests
of, Josh Ritter compie un ulteriore passo in avanti. Rispetto
alle uscite precedenti, in quest'album si nota una decisissima crescita
compositiva, che offre a livello musicale, rispetto agli album che lo
hanno anticipato, molte più sfaccettature e molti più risvolti. In questo
nuovo lavoro, infatti, possiamo trovare un po' di tutto. Dalle strutture
Dylaniane che più dylaniane non si può (a proposito, se Ritter fosse nato
vent'anni prima, sicuramente qualcuno lo avrebbe potuto inserire nella
"categoria" dei famigerati "Nuovi Dylan" senza troppe remore)
dell'iniziale To the Dogs of Whoever e di The Temptation of
Adam, ai profumi beatlesiani di Right Moves (un pop davvero
freschissimo) e Real Long Distance, entrambe costruite sul pianoforte,
passando per i Kinks, che affiorano in Mind's Eyes fino ad arrivare
al cantautorato classico della commovente Still Beating ed al sound
quasi country di Next to the Last Romantic, il tutto filtrato con
trame sonore molto moderne, che in qualche episodio possono sembrare quasi
figlie del cosiddetto lo-fi. Qualcuno, particolarmente critico, potrebbe
a questo punto sostenere la tesi di un autore senza originalità, che si
rifà solamente al passato. Ma qui sta la forza della musica di Ritter:
quella di guardare al passato ma di filtrarlo con una sensibilità fuori
dal comune ed una personalità che gli permette di essere sempre ed inconfondibilmente
se stesso. Sicuramente il buon Josh non passerà alla storia come un grande
innovatore o un rivoluzionario nella storia del rock. E' innegabile, però,
che Ritter sia uno dei pochi attualmente capaci di scrivere grandi, e
sottolineo grandi, canzoni, come questo The Historical conquest of conferma
una volta per tutte. E questo a me basta...e avanza anche. |