Bruce
Springsteen
Magic [Columbia/
Sony 2007]
Do You Believe In Magic? Piccolo antefatto di carattere industriale:
tre anni fa Bruce Springsteen ha rinnovato il suo contratto discografico
con la Columbia per una cifra molto prossima ai cento milioni di dollari. L'effettiva
entità degli emolumenti, così come i dettagli, non sono mai stati resi noti anche
perché l'affare è stato tutt'altro che indolore: non solo perché alla finestra
c'erano almeno altre due o tre etichette discografiche pronte ad intervenire;
non solo perché c'è stato un feroce scontro interno alla Columbia sulle modalità
del rinnovo; soprattutto perché, con ogni probabilità, rimarrà per dimensioni,
specificità e caratteristiche come l'ultimo contratto storico di un'industria
discografica al crepuscolo. Il peso, economico ma non solo, si è fatto subito
sentire e infatti ci possiamo dimenticare il Bruce Springsteen che partoriva un
disco ogni due anni, pensando e ripensando ai dettagli e alle scelte e nel frattempo
accumulando outtakes su outtakes. Dal 2005 ad oggi sono usciti tre dischi di inediti
(Devils
& Dust, The
Seeger Sessions e Magic), uno dal vivo (Live In Dublin,
più DVD) nonché la ristampa di Born
To Run (che conteneva un altro DVD dal vivo, l'Hammersmith del 1975).
Una quantità di musica che neanche il più frenetico dei fans poteva immaginare
mentre si vocifera (da tempo) di un Tracks 2 e di un (doppio) live del'epocale
1978. Arriverà tutto quanto, e anche di più Magic & Loss Non
si può leggere Magic slegato dalla logica di cui sopra. E' un Bruce
Springsteen che rincorre se stesso (E Street Band compresa) rivolgendosi al
passato prossimo (You'll Be Comin' Down sembra
uscire da Lucky Town e Magic da The Ghost
Of Tom Joad) e remoto (con il rhyhtm and blues di Livin'
In The Future, paradossale già nel titolo), senza il coraggio di The
Rising. Non a caso il nucleo centrale di Magic, Gypsy
Biker, Girls In The Summer Clothes
e I'll Work For Your Love sembra un'apoteosi
della nostalgia che ha il suo culmine (peraltro splendido) proprio in Girls
In The Summer Clothes incrocio di un sogno wild & innocent con l'aria
californiana dei Beach Boys e del sempre amatissimo Roy Orbison. Attorno a questo
nocciolo romantico c'è una pelle fredda e dura: Radio
Nowhere e Devil's Arcade riflettono
la stessa tensione che si può percepire nella Strada di Cormac McCarthy: un'angoscia
inquietante, ma molto lucida nel filtrare una realtà amarissima. In questo Bruce
Springsteen continua a mantenere una sua onestà e diventa inutile ripetersi che
dal vivo sarà un'altra storia, va da sé che in Magic sembra andare
tutto un po' troppo di corsa. A differenza di The Rising che era un'invocazione
alla resistenza umana o di Devils & Dust che era una livida descrizione dei passaggi
e dei paesaggi americani di oggi e di ieri, l'unica vera magia, qui, è la nostalgia
che è sempre un'arma pericolosa e a doppio taglio. Un po' come un contratto da
cento milioni di dollari: concede moltissimo, all'inizio, ma poi si prende tutto
e come ultima emozione lascia solo un filo di malinconia (Marco Denti)
www.brucespringsteen.net
|