inserito 01/10/2007

Jason Isbell
Sirens of the Ditch
[
New West/ IRD 2007]

1/2

Jason Isbell ha militato nei Drive-By Truckers per quattro anni, prima implementando l'arsenale chitarristico del gruppo durante il tour di Southern Rock Opera (2002), quindi prestando la propria scrittura e la propria sei corde violenta e bruciante ai tre dischi successivi. Il debutto solista di Sirens Of The Ditch, ancorché in gestazione da parecchio tempo, si è concretizzato subito dopo l'abbandono della formazione da parte di Isbell, ma c'è da credere che non sarebbe potuto maturare in modo così convincente se non in un clima di intatta familiarità (Patterson Hood, Shonna Tucker e Brad Morgan, rispettivamente fondatore, bassista e batterista dei Truckers, appaiono spesso nel corso dell'album) e soprattutto dopo la fondamentale esperienza di A Blessing And A Curse ('06), il disco in cui tutti le anime del loro songwriting sono riuscite ad esprimersi con maggiori sfumature, maggior efficacia e inappuntabile equilibrio. Lo stesso equilibrio e la stessa varietà stilistica alla base di queste undici canzoni formulate dalle "sirene del fossato" (bel titolo che unisce la suggestione mitologica delle figlie di Calliope alla concretezza fangosa, materica e sudista tipica di Isbell): Sirens Of The Ditch, difatti, registrato nei leggendari Fame Studios di Muscle Shoals, Alabama, è il classico album del tirocinante solista divorato dall'ansia di dire e perciò incline ad attraversare forme, fisionomie e linguaggi con precipitosa incoscienza. L'esuberanza espressiva dell'autore, tuttavia, non nuoce all'omogeneità del lavoro, altresì capace di affrontare l'ampio spettro del rock americano razionando con saggezza schiaffi e carezze, scariche di rumore e fruscii di sbrindellata elegia roots. Dalle abrasioni di un'iniziale Brand New Kind Of Heartache tutta costruita su boati elettrici e riff stonesiani fino al congedo acustico e bluesy di The Devil Is My Running Mate (credibile gemella della Travelin' Soldier delle Dixie Chicks, ovvero come schierarsi contro i guerrafondai di stanza a Washington senza incappare nello slogan fine a se stesso), Isbell non tradisce mai il compito di prendersi cura della grammatica di base del rock'n'roll con onestà ed energia. E' vero: nella distorta aggressione à la Skynyrds di Try, negli intrecci elettroacustici di una Dress Blues (bellissima) tra country e rock, nel pianoforte caliginoso della malinconica Chicago Promenade o nelle ruminazioni soul di un piccolo capolavoro come Hurricanes & Hand Grenades (con un inciso di chitarra simile a una rilettura di BB King sotto anfetamine) non c'è nulla che non si sia sentito altrove. Naturale: questo è il "dirty south" di Jason Isbell e i suoi personaggi, i suoi paesaggi, i suoi suoni arcaici e moderni al tempo stesso non li ha certo inventati lui. Ma la freschezza con cui ha voluto raccontarne le storie un'altra volta ancora merita come minimo un applauso.
(Gianfranco Callieri)

www.jasonisbell.com
www.newwestrecords.com


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