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21/03/2007 |
Grinderman Grinderman's
Blues, il blues dell'arrotino, era parte del repertorio di Memphis Slim, gigante
delle dodici battute e pianista extraordinaire. Non so quanto questo semplice
accostamento di memoria possa mettere a fuoco le radici di questo nuovo progetto
di Nick Cave, ma certamente la destrutturazione violenta e carnale del
blues sta alla base di questo lavoro, che riporta a galla gli incubi più
lividi del suo songwriting, tanto che qualcuno ha già scomodato impertinenti
paragoni con il passato dei Birthday Party e dei primi dischi solisti. Lasciamo
per un attimo da parte i facili luoghi comuni e proviamo a capire invece dove
nasce l'esigenza del nostro di far riemergere una canzone più ispida ed
elettrica. Non essendo fra quelli che hanno felicemente lapidato Nick Cave per
la sua "svolta" morbida e cantautorale degli ultimi anni, possiamo forse
leggere la creatura Grinderman come un incrocio fra un diversivo, un po'
impenitente e molto lascivo, e qualcosa che dovrebbe in realtà aggiornare
il rock'n'roll che brucia dentro l'australiano, proprio alla luce di dischi come
Nocturama o Abbattoir Blues. La versione "ridotta" dei Bad Seeds, con
il violino elettrico di Warren Ellis, il basso di Martyn Casey e
la batteria di Jim Sclavunos, suona infatti quale compromesso per trovare
un suono più crudo ed essenziale ad una serie di canzoni che comunque portano
i segni di una maturità, di una evoluzione. E' difatti un disco a due facce
questo omonimo Grinderman, che se in partenza travolge e inchioda
- con la predica furente di Get It On, gli stridori lancinanti di una strepitosa
No Pussy Blues e di Depth Charge Ethel, con le spirali psichedeliche
di Electric Alice e infine con le ambientazioni un po' spettrali della
stessa title track - prende in seguito strade meno impervie e semmai aderenti
alla storia di Nick Cave. Là dove, nella discografia più recente,
alcune canzoni venivano utizzate come scrosci improvvisi, episodi isolati, qui
sono raccolte in un unico fiume: così non soprende più di tanto
la presenza dell'epica rock di (I Don't Need You To) Set Me Free e Honey
Bee (Let's Fly to Mars), o addirittura la meditabonda Man in the Moon,
anche se fa naturalmente piacere ascoltarle in questa sequenza. In un finale vorticoso,
il sentiero conduce verso un bosco fitto ed oscuro, qualcosa che nella lugubre
When My Love Comes Down e in una convulsa Love Bomb ha il sapore
di un amarcord che ricorda non tanto i lontanissimi esordi dei Birthday
Party, quanto una riedizione più sconnessa e moderna degli anni di Tender
Pray. Frutto di una session "infernale" ai Metropolis Studios di Londra
e di una revisione con il produttore Nick Launay, Grinderman non è
affatto una rinascita, ma la conferma che la musica di Nick Cave continua ad essere
necessaria |